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mercoledì 1 settembre 2021

Un pizzico di sale nella Birrificazione

Oltre al gusto salato, 
il sale aggiunge consistenza e sapori alla birra.

Questo post non riguarda le famose Corona (sale e limone) o alle altre birre messicane meno conosciute, come la Michelada e la Chelada. NO grazie!

Gose
Il sale nella birra è quasi esclusivamente associato alle birre di Lipsia, le Gose. Un vecchio stile di birra che prese il nome dal fiume Gose che attraversa Goslar, cittadina poco ad ovest della capitale della Sassonia. Goslar era un importante centro minerario, famoso per le cave di sale e proprio per la birra. Nel tardo Medioevo, a causa del declino delle miniere la produzione di Gose si trasferì a Lipsia. In questa particolare birra il sale aggiunge una nota salmastra che contrasta i sapori aspri.


Il sale può bilanciare l'acidità o la dolcezza di una birra, esaltando in modo del tutto naturale i sapori del luppolo e del malto, regalandoci gusto, consistenza e altri interessanti sapori. Infatti, diversi produttori hanno mostrato al mondo la versatilità del sale, in differenti stili di birra. Una sperimentazione favorita sicuramente dalle tantissime tipologie di sale in commercio.

Caratteristiche
e tipi di sale

L'utilizzo del sale nella birrificazione è in quantità relativamente piccole, anche per questo generalmente non ci si preoccupa della tipologia di sale da impiegare. Tuttavia, a mio parere ci troviamo di fronte ad un ingrediente molto caratteristico, per cui vale davvero la pena essere accurati nella scelta.

In commercio possiamo trovare innumerevoli tipi di sale, che differenziano per forma e colore, dal Sale Rosa dell'Himalaya, fino ad arrivare al Sale Hiwa Kai Nero delle Hawaii.

Formati
Nei normali sali da cucina la raffinazione può superare il 99%, eliminando la parte di minerali che maggiormente rendono possibile l'armonia dei sapori e degli aromi. A dispetto di ogni legge della chimica anche il comune sale da cucina può essere percepito diversamente. Il motivo va ricercato nella forma.

I sali si presentano in molte forme diverse e si differenziano principalmente per consistenza e solubilità sulla lingua. E' proprio questo aspetto che permette la percezione diversa dello stesso prodotto. La formula chimica è sempre la stessa, NaCl (cloruro di sodio), ma in base al formato può sciogliersi in tempi diversi e stimolare in maniera differente le papille gustative. 

Classificazione:
Sale Marino: di origine marina
Sale Kosher (o kasher): di origine marina
Sale Terrestre (o Salgemma): di origine minerale terrestre
Sale Integrale: di origine minerale terrestre e marina


Grado di raffinazione:
Sale raffinato: 99,9% di NaCl
Sale integrale: privo di raffinazione (contiene iodio, zolfo, zinco, magnesio, rame, fosforo ecc.).

Quale scegliere per la Birra?
La purezza dei sali può cambiare tutto, arricchendo il campione di altri elementi minerali. Proprio per questo motivo dovremmo dare un'importanza maggiore alla scelta del sale e trovare quello che si adatta meglio ai nostri eventuali progetti brassicoli.

Sale Kosher (o kasher)
E' un sale di origine marina molto utilizzato nella cucina ebraica, soprattutto per la macellazione della carne. Attualmente risulta di moda tra gli chef e potrebbe essere considerato alla base della cucina di tutti i giorni. Diversamente, se usato nella birrificazione non fornirebbe complessità e qualità, perchè è un semplice sale (cloruro di sodio). Privo di iodio, di alluminosilicato di sodio (agente antiagglomerante, di supporto per gli aromi e coloranti) e minerali che possano esaltare i sapori del malto. Se utilizzato nella birrificazione può essere aggiunto molto tardi nella fase di ebollizione, si scioglierà rapidamente nel mosto. Il sale kosher non dovrebbe essere considerato una prima scelta, ma una discreta alternativa ai sali migliori.

Sale da Cucina
I normali sali da cucina presentano una raffinazione che può superare il 99%, se usati nella birrificazione non fornirebbero complessità e qualità, perchè si tratta di solo e semplice cloruro di sodio.
Diversamente da quello che si possa pensare, il tipico sale da cucina andrebbe scartato come scelta per la birrificazione. La facile reperibilità e i minimi costi per l'impiego di altri sali migliori, non giustificano l'utilizzo di comuni sali da cucina.

Sale Marino
Sono disponibili innumerevoli sali marini che spesso vengono lavorati con una soluzione salina per eliminare varie impurità. Nel nostro caso, le varietà migliori sono quelle meno raffinate, dove un birraio può scegliere il sale più opportuno alle proprie esigenze produttive. Il sale marino generalmente avrà comunque una mineralità leggermente maggiore rispetto ai classici sali da cucina o al kosher, che apporta sapore aggiuntivo. Fornisce tracce di magnesio, manganese, calcio e potassio, che possono conferire un preciso carattere ("sa di mare"), diversamente da un singolare carattere salato. Una maggiore mineralità può favorire la salute generale del lievito e migliorare la percezione dell'orzo e del frumento nella birra. Il sale marino dovrebbe essere considerato sicuramente una prima scelta.

Sale Terrestre (o Salgemma)
A distinguere il salgemma dal sale marino è sicuramente l’assenza di iodio. Tuttavia, viene sottoposto a processi di frantumazione e macinazione, che  non alterano le varie sostanze minerali che lo compongono. Il sale terrestre dovrebbe essere considerato un'alternativa ai sali migliori.

Sale Integrale
Si tratta di un sale composto quasi esclusivamente da cloruro di sodio e in piccola parte da altri minerali. Diversamente dai sali comunemente in commercio, sottoposti a trattamenti di sbiancamento e di raffinazione, quello integrale non prevede molte lavorazioni. Il sale integrale può essere recuperato dal mare o dalle cave di naturali formazioni cristalline, come il pregiato sale dell’Himalaya (contiene più di ottanta oligoelementi) o il sale blu di Persia.

Sale Marino Integrale
Attraverso un processo simile a quello utilizzato nell'antichità, il sale marino integrale è prodotto tramite l'evaporazione dell’acqua marina e dalla formazione dei cristalli. L'intero processo viene eseguito senza l'uso di particolari trattamenti. Il sale integrale conserva un quantitativo maggiore di minerali e oligoelementi rispetto al sale raffinato, tra cui potassio, magnesio, iodio, calcio e fosforo. Un ulteriore aspetto significativo, con il sale integrale marino, è senza dubbio quello geografico. Il luogo di provenienza del sale contribuisce al cambiamento di consistenza e gusto, tipo un tocco di appartenenza.

"Il sale di Guerande ha un sapore sottile e delicato; quello rosso delle Hawaii è ricco di ferro; il sale di Maldon è molto sapido"

E' difficile dire quale tipo di sale sia migliore di altri, ma di sicuro posso dire che il Sale Marino Integrale risulta certamente una possibilità produttiva fantastica. Il sale marino integrale con le giuste accortezze dovrebbe essere considerato sicuramente una primissima scelta.


Ulteriori Possibilità
Acqua di Mare o Sale fai da te
Fermi tutti, sono vietati!
Per chi abita vicino al mare e produce birra, l'aspetto più suggestivo potrebbe essere quello di usare l'acqua di mare per aggiungere sale alla birra. Fermi, non muovetevi dalla sedia. Non andate a prendete i secchielli dei vostri figli (o conoscenti), la legge non prevede il recupero di acqua marina. Anzi, è del tutto vietato!


Diverse norme vietano il prelievo di acqua di mare, ma si tratta di disposizioni che si riferiscono al periodo del monopolio del sale. Nonostante ciò, credo che prelevare una bottiglia d'acqua mentre si è in spiaggia non dovrebbe essere un cosi grande crimine, ma se il recupero dovesse essere più importante  il rischio di essere sanzionati aumenta.


Naturalmente io sconsiglio anche il recupero della semplice bottiglia, ma per i più delinquenti, criminali, malviventi e banditi, che voglio portare sulla retta via cercherò di dare degli accorgimenti. Dunque, non si tratta di istigazione, ma più semplicemente di un'opera di bene.

E' inutile pensare ad una birra con acqua di mare, servirebbero molti litri e l'apporto del sale sarebbe poco calcolabile. Il gioco non vale la candela. Meglio optare per l'eventuale evaporazione dell'acqua e il successivo recupero del sale.


C’è poi chi obietta sul fatto che l'acqua di mare non sia pura, ma inquinata per il problema dovuto alle microplastiche. Sicuramente, ma non per questo evitiamo di mangiare i pesci. Mentre, per il resto delle persone che contestano la purezza dell'acqua a livello biologico, per presenza di possibili batteri patogeni. Generalmente le soluzioni di acqua e sale, svolgono un'azione disinfettante dovuta al potere osmotico della stessa soluzione che altera l'equilibrio osmotico della parete cellulare dei batteri e ne determina la morte. Per farla breve, quando i microorganismi vengono a contatto con una soluzione concentrata di acqua e sale, l'acqua all'interno delle cellule tende a fuoriuscire per osmosi, determinando la disidratazione dello stesso microorganismo. In teoria, basterebbe recuperare l'acqua di mare (che non si fa!) dalle zone più limpide e con una migliore flora marina.

Come usare al Meglio il Sale?
Principalmente evitando abusi!

Quando aggiungere il sale?
Chiariamo prima quando non bisogna aggiungerlo. Evitate di mettere il sale durante l'ammostamento, il tutto potrebbe influenzare l'attività enzimatica. Sarebbe opportuno usare il sale verso la fine della fase di ebollizione, per mantenere i sapori sottili che diversamente potrebbero volatilizzarsi. Nel caso si voglia anticipare i tempi durante la bollitura, l'aggiunta  non sarebbe un problema per la birra.


Quanto sale?
Sale Nero
E' utile considerare il contenuto dei minerali presenti nell'acqua che si è scelto per fare la birra. Un'acqua con un basso contenuto di solfati potrebbe subire notevolmente i cloruri del sale, aumentando eccessivamente la percezione del malto nella birra finita. Dunque, non occorre aggiungere sale con una quantità prestabilita in modo aprioristico, ma è indispensabile conoscere dettagliatamente sia l'acqua che il sale. Bisogna fare attenzione a quei sali con una presenza di minerali eccessiva. Anche il colore può fornire un ottimo indicatore per capire i minerali aggiuntivi presenti nel sale. Tipo il sale rosa dell'Himalaya o quello Hawaiano di Alaeaha, i quali presentano un elevato contenuto di ossido di ferro (FeO). Nello specifico, l'ossido di ferro in quantità non eccessive può aggiungere una componente interessante, ma se non viene gestito al meglio può influenzare la stabilità della birra (aumentando l'ossidazione) favorire un leggero sentore di ferro o sangue.

Allora, cosa aspettate?
Sperimentate, sperimentate e sperimentate!
Ricordatevi di segnalarci ogni vostra esperienza.
Ciao amici e buona birra!

Questa post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.

giovedì 3 settembre 2020

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione | COME GESTIRE IL LIEVITO

In questa seconda parte viene chiarito come meglio gestire un lievito, in tutte le sue forme e sfaccettature. 

Esistono molti fattori per una buona fermentazione, il primo risulta l'inoculo nel mosto, che deve rispettare un certo numero di cellule sane di lievito. L'inoculo è un aspetto fondamentalmente e viene espresso come rapporto tra il numero di cellule di lievito e il volume del mosto.

Troppo spesso questo passaggio avviene con tassi generalmente bassi, con tutti i problemi che ne susseguono.

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione | COME GESTIRE IL LIEVITO

domenica 23 agosto 2020

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione

Con questa serie di video cercherò di spiegare in modo dettagliato cosa sono i lieviti, come si comportano e come meglio devono essere gestiti durante la fermentazione. Inoltre, vedremo come controllare i lieviti tra il Recupero e la Conservazione.

In questa parte introduttiva, viene chiarito che cos'è il lievito e cosa ci suggerisce la microbiologia al riguardo. Il lievito è la parte più importante della fermentazione. Grazie a questo stesso microorganismo, gli zuccheri vengono convertiti in anidride carbonica (CO2), alcol e vari componenti, capaci d'influenzare il gusto dei prodotti fermentati.

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione | INTRODUZIONE

In questa seconda parte viene chiarito come meglio gestire un lievito, in tutte le sue forme e sfaccettature. Esistono molti fattori per una buona fermentazione, il primo risulta l'inoculo nel mosto, che deve rispettare un certo numero di cellule sane di lievito. L'inoculo è un aspetto fondamentalmente e viene espresso come rapporto tra il numero di cellule di lievito e il volume del mosto. Troppo spesso questo passaggio avviene con tassi generalmente bassi, con tutti i problemi che ne susseguono.

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione | COME GESTIRE IL LIEVITO


venerdì 7 agosto 2020

Maltare l'orzo in Casa | Video

.Fai da te.
La trasformazione dell'orzo in malto è importante 
almeno quanto la birrificazione stessa.


La maltazione è molto impegnativa e richiede molta attenzione se si vuole ottenere un ottimo prodotto finito. Difficilmente questo processo viene realizzato tra le mura di casa. Proprio per questo, troppo spesso erroneamente è considerato al di fuori della portata di noi semplici Casalingo Brassicoli.

🍻 Sul blog trovi il post inerente al video cliccando qui

giovedì 30 luglio 2020

Kveik e Diacetile

Parte della rubrica Farmhouse Ale
Fermentazioni e i problemi di Diacetile
"I see this is about to become a myth, 
so just to clear things up..."
Lars Marius Garshol


Dopo diverse discussioni e richieste di aiuto allarmanti, riguardanti la presenza di diacetile nelle birre fermentate con i lieviti kveik, cercherò di fare chiarezza in base alle mie esperienze dirette e conoscenze scientifiche.

Diacetile
Nome Sistematico IUPAC
butandione o 2,3-butandione

Il diacetile  è un dichetone vicinale di formula molecolare C4H6O2, si tratta di un sottoprodotto naturale della fermentazione, specialmente per quanto riguarda la produzione di birra. Una molecola presente naturalmente nelle bevande alcoliche, ampiamente utilizzata nell'industria alimentare e degli aromi artificiali.

Il diacetile viene prodotto durante la fermentazione come sottoprodotto della sintesi della valina, quando il lievito produce acetolattato, sfugge dalla cellula ed è spontaneamente decarbossilato in diacetile. Il lievito assorbe quindi il diacetile, e riduce i gruppi chetonici per formare acetilmetilcarbinolo e 2,3-butandiolo, composti relativamente insipidi.


Dopo la fine della fermentazione primaria se si verifica una presenza eccessiva di diacetile,  si effettua il cosiddetto Diacetyl Rest (riposo diacetile), un processo in cui la temperatura viene leggermente aumentata per due o tre giorni, per consentire al lievito di assorbire il diacetile prodotto all'inizio del ciclo fermentativo.

RICONOSCERE: viene individuato a bassi livelli nella birra come un senso di fluidità al palato e a livelli medi come un aroma di caramello. Mentre, in alte concentrazioni il diacetile conferisce un gusto di burro e popcorn. La presenza di diacetile può essere accettabile in moderate quantità in alcune tipologie di birre (Scotch Ale, Bitter e Czech Lager.), ma in altri stili birrai (ad esempio nelle lager) la sua presenza è considerata una caratteristica indesiderata. Nelle tradizionali birre di fattoria nordiche la questione diacetile risulta essere molto presente, soprattutto in Lituania, Estonia e Norvegia. Basti pensare che in concentrazioni leggere il diacetile non viene neanche individuato dagli stessi produttori. Diciamo che sarebbe corretto dire che abbiamo una differenza importante sulla percezione di questo difetto, rispetto ai questi stessi popoli nordici. Molto probabilmente questa nostra sensibilità degustativa è dovuta ai prodotti di birra più moderni e puliti, a cui siamo abituati. 

CAUSA: risulta essere un prodotto della fermentazione che normalmente viene assorbito dal lievito. Nelle alte fermentazioni il diacetile viene assorbito con facilità, motivo per il quale le lager sono spesso fermentate con la pausa diacetilica (diacetilic rest). Può essere favorito dall'ossidazione e prodotto anche da batteri lattici, come Pediococcus damnosus.


Kveik e Diacetile
Questi lieviti non lascia normalmente
valori di diacetile rilevabile nella birra finita

Richard Preiss su Milk The Funk

Richard Preiss in una mia recente discussione sul gruppo Facebook Milk The Funk, afferma che in genere i lieviti kveik non lasciano diacetile rilevabile nella birra. Tuttavia, alcuni ceppi possono produrre una discreta quantità di acidi organici volatili come l'acido decanoico, che sono anche percepiti come latticini e potrebbero essere confusi con il diacetile.

Generalmente la presenza di diacetile è dovuta alla fermentazione, essendo un sottoprodotto dell’attività metabolica del lievito, ma ogni ceppo specifico produce un proprio quantitativo. Questo composto può essere favorito anche da altri fattori, come l'ossidazione e la presenza batterica.

Generalmente la produzione di diacetile aumenta maggiormente con le alte temperature di fermentazione e un'alta flocculazione provoca una bassa capacità di riassorbimento, ma quanto pare per i kveik non è così!

Anche perchè nella birra finita non ci interessa la produzione di diacetile, ma la concentrazione del diacetile. Questa concentrazione è il risultato tra la quantità prodotta e quella ridotta.

Sicuramente l'aspetto che influenza maggiormente il livello del diacetile nella birra è la velocità nella quale il lievito trasforma butandiolo e acetoino. Si tratta di una reazione non enzimatica, che avviene in condizioni anaerobiche e dipende strettamente dalla temperatura. Il tutto avviene più rapidamente a temperature elevate e lo stesso riassorbimento viene favorito, nonostante un'alta flocculazione dello stesso lievito.

Per eliminare il diacetile ci vogliono essenzialmente due fasi. Mediante il riassorbimento all’interno della cellula, dall'enzima acetoino-deidrogenasi ad acetoino. Il lievito converte un componente indesiderabile in uno senza un sapore rilevante. Valore che può essere ridotto ulteriormente con l'aumento della temperatura dopo la fine della fermentazione primaria, favorendo l’attività metabolica del lievito con la riduzione dei dichetoni vicinali. Inoltre, il riassorbimento dopo la rifermentazione, viene favorito dalle condizioni fortemente riducenti della bottiglia.

In poche parole la produzione e la riduzione del diacetile, dipendono essenzialmente dall’attività metabolica del lievito. Un lievito in buone condizioni fisiologiche, con la dovuta disponibilità di nutrienti e un'altrettanta ossigenazione, è in grado di ridurre il diacetile. Mentre un campione con uno scarso inoculo, conservato precedentemente per un lungo periodo (con una bassa vitalità) e senza i dovuti nutrienti nel mosto, non è in grado di ridurre quello stesso diacetile che è stato prodotto.

La conversione del diacetile viene influenzata anche dal pH. Una riduzione del pH determina una riduzione della concentrazione dell’acetolattato senza incrementare la concentrazione del diacetile. Dunque, i bassi valori di pH favoriscono il lievito per una rapida rimozione del diacetile. Guarda caso, diversi lieviti kveik tendenzialmente abbassano il ph rispetto i lieviti più comuni, soprattutto se usati a temperature tra i 15 e i 25 °C.

Allora non si tratta semplice di temperatura e flocculazione del lievito, ma l'aspetto indispensabile per il livello di diacetile nella birra finita è la gestione del lievito in fermentazione.


Importante: il diacetile non viene prodotto solo dal metabolismo del lievito, ma anche a causa di contaminazioni batteriche (principalmente da batteri lattici) dall'ambiente di produzione. I Pediococcus e Lactobacillus sono i maggiori responsabili di eventuali contaminazioni, producendo grandi quantità di diacetile.

SOLUZIONI: realizzate una buona sanitizzazione. Utilizzate un lievito sano e in quantità sufficiente, con una buona ossigenazione del mosto prima della fermentazione, evitando possibili criticità ossidative. In caso di diacetile è consigliabile aumentare la temperatura dopo la fermentazione primaria di qualche grado centigrado, per 2 o 3 giorni.

In conclusione, l’allarme relativo all'utilizzo dei kveik per la formazione del diacetile non lo ritengo minimamente supportato da alcuna motivazione se le fermentazioni avvengono nel modo opportuno. 

venerdì 12 giugno 2020

Kveik: Guida Pratica | COME UTILIZZARE I LIEVITI KVEIK | ep. 2

In questa seconda  parte, viene chiarito come meglio utilizzare questi particolari lieviti. Cosa aspettarsi da una fermentazione con kveik e quale differenze esistono tra le colture tradizionali e i ceppi commerciali.

martedì 29 ottobre 2019

Stefano Mariani e il Kveik Condor

“LA DIVERSA” è così che ho voluto chiamare
la birra realizzata con lievito Kveik
condiviso da Antonio Golia.


Il lievito arriva per posta e mi trovo tra le mani qualcosa che non avevo mai visto prima, rileggo cento volte la ricetta consigliata da Antonio non voglio sbagliare, ho la possibilità di produrre qualcosa di nuovo, e il giorno della cotta arriva. Tutto procede come dovrebbe non vario la ricetta originale, prelevo il mosto per la bollitura con luppolo che inserirò successivamente per inibire i batteri, inoculo il lievito rigorosamente a 28° e attendo con impazienza. Sono ormai passate otto ore dall’inoculo ma tutto tace, un po' preoccupato chiedo consiglio ad Antonio  e su suo suggerimento attendo ancora qualche ora con pazienza, in effetti il lievito stressato dal viaggio sicuramente ha rallentato la sua vitalità.


Inizia a lavorare a pieno ritmo dopo circa 12 ore e qui la sorpresa . Potentissimo mai visto nulla di simile in 6 anni di cotte. Dopo circa 35 ore il lievito è in piena attività, in superfice compatto con micro bollicine. Mi munisco di schiumarola e prelevo il lievito delicatamente e lo conservo in un contenitore sterile, misuro ph 3,6 perfetto a questo punto prendo il mini mosto precedentemente prelevato e bollito con luppolo Saaz  e lo inserisco nel mosto. Batteri KO!

Attendo fine fermentazione misurando OG e imbottiglio. Eccola finalmente, dopo circa 50 gg di maturazione il primo assaggio che dire: il lievito è padrone di casa aiutato e spinto dal malto oak smoked e dal ginepro che non avevo mai provato prima. Sono veramente molto soddisfatto, esperienza fantastica che riproverò sicuramente sperimentando in altri stili e ricette.

Era molto importante a questo punto conservare al meglio il lievito prelevato, cosi da poterlo utilizzare per future cotte. Seguo le informazioni trovate sul blog di Antonio su come essiccare il kveik e questo è il risultato !!


Fantastica esperienza e ancora un grazie di cuore ad Antonio!!!

Stefano Mariani 

lunedì 28 ottobre 2019

HomeBrewing Condor arriva su Youtube

HomeBrewing Condor sbarca anche su Youtube. Una scelta importante se si considera che il Canale Youtube rappresenta un grande motore di ricerca.  Le persone che cercano informazioni attraverso video sono sempre di più, le caratteristiche stesse del mezzo, permettono una più semplice e immediata condivisione in tempo reale.

Promo HomeBrewing Condor TV
Birrai senza particolari regole hanno dato vita a prodotti splendidi e alternativi, dando sfogo alla propria fantasia, spesso ignorati e nascosti nei luoghi più insoliti. Dal mio pseudo birrificio ho osservato con invidia questi nuovi e vecchi Mastri Birrai, che hanno fatto a pezzi i classici stili per dare vita a birre straordinarie. Perciò ho deciso di immergermi nel loro mondo, viaggiando con la mente alla scoperta delle birre più particolari al mondo. Userò tutto ciò che ho imparato in questi viaggi brassicoli, per preparare delle birre poco pretenziose ma dal fascino unico. Tutto questo nel mio birrificio clandestino!

domenica 8 settembre 2019

Recuperare Lactobacillus dal Kefir

Parte della rubrica CondorLAB
Recupero Batterico
"Cerco sempre di fare ciò che non sono capace di fare, 
per imparare come farlo"
Pablo Picasso

Grani di Kefir
Dopo alcuni mesi di inattività ho ripreso in mano il mio laboratorio domestico CondorLAB, grazie ad un nuovo e stimolante progetto. Ho deciso di recuperare nuovamente dei Lactobacillus, partendo dai fiocchi di kefir. In passato avevo già scritto un articolo sulla mia esperienza "A Caccia di  Lactobacillus", il gruppo batterico più comune nelle fermentazioni acide. Ritenendo i fiocchi di kefir un'alternativa più affascinante rispetto al prodotto commerciale, ho deciso di provare questa nuova esperienza. Ma andiamo per ordine e cerchiamo di dare un significato alla parola kefir.

Kefir?
Si tratta di una bevanda originaria del Caucaso, ricca di fermenti lattici ottenuta dalla fermentazione del latte. Ricorda molto il gusto dello yogurt bianco naturale, leggermente meno acido e più gradevole, fresco e cremoso. Contiene generalmente circa lo 0,8% di acido lattico,  ed è un alimento nutriente. Oltre ad essere bevuto, viene utilizzato in cucina per la realizzazione di dolci, salse e dessert.
Colture Starter per Kefir
Cosa sono i fiocchi di Kefir?
Questi fermenti di kefir sono chiamati correttamente kefiran o kefran. Il kefiran è un complesso di polisaccaridi, dove risiedono lieviti e batteri, una struttura prodotta dagli stessi batteri che assume la classica forma a granulo.
Dove reperire i fiocchi di Kefir?
Il modo più semplice per recuperare i fiocchi di kefir è sicuramente online, dove si possono trovare molteplici venditori, mentre una buona alternativa sono le farmacie. Si possono trovare fermenti vivi o disidratati, anche se questi ultimi sono più indicati perchè non soggetti alle condizioni esterne. Diversamente, io ho ricevuto i fiocchi di kefir con fermenti vivi dall'amico Fabio Torregiani, ma ero in procinto di acquistare la "Colture starter per Kefir". L'eventuale spesa iniziale è di poco conto se si tiene presente che i grani di kefir si riproducono autonomamente, con le giuste accortezze possono durare anche diversi anni. Come preparare il Kefir? Per saperne di più clicca qui.

I Lactobacillus 
Batteri
Il genere Lactobacillus racchiude il gruppo di batteri responsabili della produzione di acido lattico, attraverso la fermentazione degli zuccheri. Sono batteri Gram-positivi a forma di bastoncello, senza membrana esterna, sono procarioti (anucleati) diversamente dai lieviti Saccharomyces e Brettanomyces che sono eucarioti (nucleati). Questi batteri sono anaerobi facoltativi, possono fermentare sia in presenza di ossigeno che in assenza, ma generalmente crescono senza. Attualmente sono state identificate più di 150 diverse specie di Lactobacillus. Tale genere batterico produce acido lattico, un acido più gradevole rispetto a quello acetico, dai sentori piacevoli e poco incisivi.  Tuttavia, alcuni sentori se uniti ad altri sottoprodotti della fermentazione contribuiscono ad apportare alla birra un carattere aspro e penetrante, che troviamo spesso nelle birre a fermentazione selvaggia. Nell'ambito birrario i lactobacillus sono i batteri protagonisti di tutte le birre acide e si possono generalmente dividere in Omofermentanti (producono solo acido lattico) e Eterofermentanti (producono sia alcol che acido lattico). Un esempio di Lactobacillus Omofermentanti sono i Delbrueckii, mentre quello dei Lactobacillus Eterofermentanti sono i Brevis. I Delbrueckii sono il genere più comune per la birrificazione, utilizzano glucosio per produrre acido lattico e anidride carbonica. Mentre tutti gli Eterofermentanti (come i Brevis) producono valori alti di diacetile e altre sostanze, dall'acido simile a quello acetico, all'isovalerico e l'isobutirrico (generalmente attribuibili ai Brettanomyces). Ipoteticamente si potrebbe completare la fermentazione di un mosto con solo Lactobacillus Eterofermentanti , capaci appunto di produrre sia alcol che acido lattico. In presenza di etanolo e lisina, gli Eterofermentanti possono sintetizzare le Tetraidropiridine con un sentore di topo.

Solitamente la temperatura ideale per i Lactobacillus si aggira intorno ai 37 °C, diversamente dalle consuete condizione termiche di fermentazione e maturazione. In presenza di condizioni favorevoli (come temperatura e nutrienti) tali batteri si riproducono in poco tempo, mentre la crescita  diminuisce in presenza di altri microorganismi e può essere inibita da alti livelli di alcol, acido lattico e dagli acidi rilasciati dai luppoli. Proprio la presenza di questi acidi dei luppoli contribuisce a ritardare la crescita della maggior parte della specie. Lo sviluppo di diversi ceppi omofermentanti è inibito dagli acidi prodotti dal luppolo diversamente per gli eterofermentanti  molto più resistenti. Inoltre la loro riproduzione avviene fino al raggiungimento di un pH di 3,8 circa.

Come recuperare i Lactobacillus
Procedimento di propagazione
Lactobacillus da Kefir
L’obiettivo principale è quello di ottenere Lactobacillus usando proprio del kefir, non  pastorizzato. Basta preparare un mosto di partenza standard (1.040 OG) da un litro, con l'aggiunta tra i 2 ei 4 cucchiaini di kefir e nutrienti. Lasciare il tutto ad una temperatura compresa tra i 38 e 43 °C, per 24 ore circa.

Risultato Finale
Utilizzando queste colture di Lactobacillus si dovrebbe ottenere un acidità tra i 3 e i 3,5 di pH, in 24 ore. Non dovrebbero essere prodotti aromi eccessivi o sapori sgradevoli.
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Crescita su Piastra
Terreni Selettivi
Questi particolari terreni di coltura favoriscono la crescita solo di specifici microrganismi, grazie alla presenza di fattori che inibiscono lo sviluppo delle altre specie. Questi fattori vengono chiamati sostanze inibenti. Detto questo, per isolare i diversi microrganismi presenti nei campioni iniziali, occorre avere o creare dei terreni selettivi. Un argomento sicuramente molto interessante con molteplici soluzioni, dettate principalmente dalle pratiche che si adattano meglio alle proprie esigenze.

Per terreni di coltura si intende una soluzione solida o liquida, contenente sostanze nutritive per la crescita e la ricerca microbica.
Test sui Batteri Lactobacillus
MRS Agar with Tween® 80
Terreno in polvere indicato per la coltivazione e l’isolamento dei lattobacilli. Il sodio acetato e l’ammonio citrato intensificano la crescita dei lattobacilli, mentre il magnesio solfato è inserito per motivi precauzionali poichè l’estratto di lievito dovrebbe fornire una quantità di magnesio sufficiente alla loro crescita.

70,2 g di MRS Agar o 55,2 g di MRS Broth 
1000 ml di acqua distillata fredda

Preparazione: Aggiungere il terreno e l'acqua fredda distillata nella beuta. Risulta importantissimo l'utilizzo di occhiali, schermo facciale e guanti, per proteggersi durante l'utilizzo dell'HLP. Tramite agitazione continua e costante serve portare il tutto ad ebollizione (in autoclavare a 121°C per 15 minuti), chiudendo prima la beuta con del cotone permeabile. Successivamente raffreddare il terreno fino a temperatura di 45 °C, versando poi 10/15 ml di terreno e 1 ml di campione, per ogni provetta. Utilizzare provette sterili con tappo avvitabile da 16X150 mm. In funzione del tipo Lactobacillus e di ricerca da eseguire incubare tra i 35 °C e i 42°C per 48 ore, mentre per i soli lattobacilli psicrofili 25°C per 5 giorni. Durante questa fase sarebbe opportuno evitare contaminazioni e condensa.

Per il conteggio dei Lactobacillus Bulgaricus nello yogurt seminare 1 mL delle diluizioni decimali del campione in piastre sterili. Addizionare 15 ml di MRS Agar acidificato a pH 5,4 (consiglio l’uso di acido acetico), lasciare solidificare ed incubate a 37°C in anerobiosi per 72 ore. Durante questa fase sarebbe opportuno evitare contaminazioni e condensa.

Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.

sabato 24 agosto 2019

Piacevole Momento di Condivisione

In compagnia dell'amico Antonio Baselice
Un caldo africano che passa lungo tutto il paese, senza un filo di vento...Questo è stato lo scenario ambientale di ieri pomeriggio all'arrivo di Antonio Baselice: <<Non mi prende la posizione. Sono in centro a Villapiana, sono in piazza Dante>>. Confesso, è stata una vera e propria tortura uscire di casa con quel caldo. Il vento che si creava con il movimento della macchina era l'unico sollievo, determinava la mia sopravvivenza a caldo ed afa. Eppure, Antonio "determinato" ha percorso 180 km e circa 2 ore di macchina, come se non fosse abbastanza tra turbolenti strade calabresi. Con la forza di volontà che si ha solo quando si è spinti da una forte passione. Un pomeriggio di condivisione e piacevole compagnia, dove non poteva mancare la birra. Ringrazio pubblicamente il caro amico Antonio per la fiducia che ha riposto nelle mie creazioni, ritenendo che il viaggio valesse la pena. Spero non sia rimasto deluso, perché posso dire di aver conosciuto un amico, di cui ancora non sapevo l'esistenza!

Il post di Antonio sul gruppo HopGB - Hoperation Good Beer



domenica 4 agosto 2019

Fermentazioni tramite Kveik su legno (Kveikstokk)

.Produzione.
Parte della rubrica Farmhouse Ale
La mia esperienza con il Kveikstokk
"I'm really happy to hear you want to spread the knowledge
 about true farmhouse ale"
Lars Marius Garshol, in un suo messaggio.


Kveikstokk a 16 ore dall'inoculo
Difficilmente in italia si ha a che fare con la parola Kveikstokk, dal norvegese letteralmente bastone/tronco del lievito. Non solo, anche l'utilizzo di questo strumento risulta del tutto sconosciuto agli occhi dei tanti HB della penisola. Si tratta di un pezzo di legno, utilizzato per conservare il Kveik nel tempo.

Il mio Kveikstokk 
Prima che la gente capisse l'importanza del lievito, storicamente viene riportato che il mosto freddo veniva mescolato con lo stesso bastone di legno, conferendo un risultato migliore alla birra finita. 

In questi anni ho avuto modo di occuparmi delle varie tecniche di conservazione del lievito, sono arrivato tranquillamente ad ottenere buoni risultati anche con il congelamento (se vuoi saperne di più clicca qui). Mentre i norvegesi hanno trovato altrettanti modi per conservare i propri lieviti, ma mai avrei pensato all'essiccazione su pezzi di legno.
Anello di kveik


Diversamente dai lieviti commerciali i Kveik (per saperne di più clicca qui) sono stati storicamente tramandati di generazione in generazione, nella forma essiccata. Questo risulta uno dei motivi per cui questi particolari lieviti riescono a tollerare l'essiccazione. Le persone hanno sempre asciugato il loro lievito, pertanto quest'ultimo non ha mai perso la capacità di gestire il processo d'essiccazione, diversamente dai lieviti di birra moderni.

Kveikstokk impregnato di Kveik
Molto probabilmente il Kveikstokk è la soluzione più tradizionale e naturale, per conservare il lievito. Il legno con una buona capacità assorbente, risulta un ottimo condominio per i microrganismi, il quale presenta molti angoli dove può annidarsi il lievito. Nello specifico viene utilizzato un pezzo di legno, possibilmente nodoso, al quale vengono realizzate delle fessure (esistono di diverse forme). Ottenuto il Kveikstokk viene bollito e a temperatura ambiente immerso nel kveik liquido. Una volta raccolto il lievito, lo stesso kveikstokk può essere appeso tramite un pezzo di spago (precedentemente sterilizzato) in un luogo arioso per asciugare. Si racconta che potrebbe essere lasciato in queste condizioni per molti anni, prima di essere riutilizzato.

Kveikstokk di un anno
La mia diretta vicinanza verso la produzione di birre Norwegian Farmhouse Ale, mi ha permesso di verificare personalmente questa tradizionale tecnica di conservazione. Ho sviluppato il tutto tramite un piccolo blocco di legno (ontano), inciso con molti fori mediante un trapano. Completato con angoli e rifiniture, ho successivamente bollito il kveikstokk, in un pentolino con acqua. Dopo il raffreddamento ho immerso il tutto nel lievito liquido, #15 Nornes Voss, per poi appenderlo ad asciugare.

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🍏 Sidro con Kveik
tramite Kveikstokk di un mese
Scusate il bicchiere di plastica
Sidro ottenuto proprio dalla coltura kveik, presente sul mio Kveikstokk. Dopo circa quattro settimane dall'immersione e asciugatura  del kveikstokk, ho voluto provare l'efficacia della conservazione in un sidro di mele. 

MELE 
58% Golden Delicious
25% Cripps Pink 
17% Granny Smith
Ho recuperato il succo con estrattore e successivo filtraggio, ho versato il tutto nel fermentatore evitando volutamente di ossigenare il succo (ritenendo sufficiente l'attività dell'estrattore).

LIEVITO
Kveik #15 Nornes Voss
Prima di chiudere il coperchio ho portato la temperatura dell'estratto di mele a 36°C, per poi inoculare il kveikstokk. Il lievito Nornes Voss è una coltura mista di 5 differenti ceppi di Saccharomyces cerevisiae. Da tradizione viene utilizzato nella produzione di Norwegian Farmhouse Ale. Questo lievito è in  grado di fermentazioni molto veloci, con un ampio intervallo di temperature e pochi cambiamenti del profilo aromatico. Utilizzato a temperature relativamente basse perde la sua velocità fermentativa e può risultare fuorviante. Dunque, non abbiate paura di alzare la temperatura di fermentazione, i Kveik sono lieviti differenti dai classici ceppi di Saccharomyces. Il Voss Nornes viene solitamente inoculato a 36 °C, ma durante il processo fermentativo  la temperatura risulta essere ancora più alta. Nonostante le alte temperature di fermentazione, le birre non presentano aspetti fenolici e sono in grado di produrre una buona attenuazione e flocculenza. Questo kveik produce un profilo di buccia d'arancia e spezie natalizie, simili al #1 Sigmund Gjernes Voss. Da 33°C a 38°C potrebbe risultare il range di temperatura ideale.

FERMENTAZIONE
E' indispensabile usare sempre nutrienti perchè i kveik fanno difficoltà ad ottenere i giusti nutrienti di cui hanno bisogno. L'inizio della fermentazione non è stato propriamente velocissimo, più di 36 ore circa, anche se in realtà la fermentazione si è conclusa dopo solo 5 giorni. Non ho notato particolari differenze dal kveik originario, segno evidente che il processo fermentativo tramite kveikstokk ha funzionato alla grande. A fine fermentazione ho previsto una winterizzazione e un successivo imbottigliamento con un nuovo kveik (#15 Nornes Voss).

🍏 Sidro
Dopo circa 3 mesi dall'imbottigliamento l'evoluzione del sidro è stata notevole. Il sidro si presentava limpido e di colore giallo paglierino, dal gusto secco e poco frizzante. Il gusto aromatico è fine e persistente, con un delicato e sorprendente profumo dai sentori fruttati che richiama proprio il profumo delle mele. La Curiosità: questo stesso sidro è stato portato lo scorso anno all'EXPO 2018 (della Brasseria Veneta), durante il laboratorio sui Kveik e Gruyt in compagnia del grande Paolo Erne. 
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Kveikstokk - Un anno dopo
esperienza unica
a 3 ore dall'inoculo
A distanza di un anno, avevo quasi del tutto dimenticato il Kveikstokk. Un particolare oggetto misterioso, che dopo il processo essiccativo ho conservato in un sacchetto da congelatore, a temperatura ambiente. In una delle tante discussioni su facebook, Dan Pixley (amministratore del gruppo Milk The Funk) mi ha chiesto un'aggiornamento sulle mie esperienze in merito al Kveikstokk. Di conseguenza, ho voluto provare l'efficacia della conservazione su Kveikstokk, a distanza di un lungo anno. Questi lieviti sono in grado di fermentare in tempi rapidissimi, generalmente già dopo pochi minuti dall'inoculo si può chiaramente notare l'inizio dell'attività fermentativa. Una giusta fermentazione con i Kveik viene favorita dall'underpitch, livelli molto bassi fanno emergere notevolmente il carattere del lievito. Nel mio caso, trattandosi di una conservazione lunga e soprattutto su legno, ho deciso di procedere con uno starter di un litro con OG 1050 (una densità più alta rispetto ai classici starter) e l'inoculo a 36 °C. Sorprendentemente, dopo solo 16 ore dall'inoculo, il kvaik ha iniziato a sprigionare tutta la sua irruenza fermentativa. Questi lieviti sanno sempre come lasciarti senza parole.

a 12 ore dall'inoculo
a 15 ore dall'inoculo
a 16 ore dall'inoculo
Osservazione al microscopio 


Durante l'osservazione al microscopio non ho notato contaminazioni esterne, segno che il processo essiccativo risulta essere limitativo per possibili infezioni esterne. Successivamente ho programmato di usare questo stesso kveik per la produzione di una Saison Farmhouse Ale.

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Saison con Kveik
tramite Kveikstokk di un anno

Ho scelto di provare questo kveik in una birra semplice e contadina, fermentata in tempo di record. Vi riporto di seguito la ricetta.

ACQUA
Acqua moderatamente dura

FERMENTABILI
Malto Pale 95%
Frumento 5%

AMMOSTAMENTO
Mash-in a 55 °C
Protein rest a 55 °C per 10 min.
β-Amilasi a 62  °C per 30 min.
α-Amilasi a 69  °C fino a conversione
Mash out a 74  °C

LUPPOLO
IBU 20
Northern Brewer (in amaro e aroma) 
Hersbrucker (in aroma)

BOIL
60 minuti

LIEVITO
Kveik #15 Nornes Voss
Vedi la descrizione sopra.

FERMENTAZIONE
E' indispensabile usare sempre nutrienti perchè i kveik fanno difficoltà ad ottenere i giusti nutrienti di cui hanno bisogno. Processo fermentativo velocissimo, solo 3 giorni. Non ho notato particolari differenze dal kveik originario, segno evidente che il processo fermentativo tramite kveikstokk ha funzionato nonostante il lungo tempo di conservazione. Attenuazione 78%

Saison
Dall'imbottigliamento sono passati solo tre giorni e la birra sembra già bella e carbonata, anche se ritengo possibile un'evoluzione migliore con il tempo. Per una valutazione più dettagliata mi riservo ulteriore tempo, nonostante la buona riuscita dell'esperimento. 
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Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.