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venerdì 25 settembre 2020

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione | CARICA VITALE E VITALITA' ep. 3

In questa terza parte vengono chiariti i relativi aspetti di vitalità e carica vitale. Nonostante l'uso frequente di questi due termini nella produzione di birra, ci si trova difronte a tanta confusione.

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione |  CARICA VITALE E VITALITA' ep. 3

Esistono numerose analisi per dimostrare la condizione del lievito, dove la vitalità e carica vitale rappresentano aspetti diversi delle funzioni delle cellule, ma entrambi necessari per la stima dello stato fisiologico di una cellula.

domenica 23 agosto 2020

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione

Con questa serie di video cercherò di spiegare in modo dettagliato cosa sono i lieviti, come si comportano e come meglio devono essere gestiti durante la fermentazione. Inoltre, vedremo come controllare i lieviti tra il Recupero e la Conservazione.

In questa parte introduttiva, viene chiarito che cos'è il lievito e cosa ci suggerisce la microbiologia al riguardo. Il lievito è la parte più importante della fermentazione. Grazie a questo stesso microorganismo, gli zuccheri vengono convertiti in anidride carbonica (CO2), alcol e vari componenti, capaci d'influenzare il gusto dei prodotti fermentati.

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione | INTRODUZIONE

In questa seconda parte viene chiarito come meglio gestire un lievito, in tutte le sue forme e sfaccettature. Esistono molti fattori per una buona fermentazione, il primo risulta l'inoculo nel mosto, che deve rispettare un certo numero di cellule sane di lievito. L'inoculo è un aspetto fondamentalmente e viene espresso come rapporto tra il numero di cellule di lievito e il volume del mosto. Troppo spesso questo passaggio avviene con tassi generalmente bassi, con tutti i problemi che ne susseguono.

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione | COME GESTIRE IL LIEVITO


sabato 16 maggio 2020

Kveik: Guida Pratica | INTRODUZIONE | ep. 1

In questa parte introduttiva, viene chiarito che cos'è un kveik e cosa ci suggerisce la microbiologia al riguardo. I kveik non sono delle colture di lievito cresciute in un laboratorio, si tratta di colture miste che si sono adattate nel tempo alle condizioni di ogni fattoria.


Questa famiglia di lievito è stata compresa e conosciuta, solo di recente dal resto del mondo. Questi particolari lieviti sono presenti in Norvegia da almeno 400 anni, in passato era l’unica forma di lievito disponibile. Venivano essiccati già nel 1600, su tronchi di legno chiamati kveikstokker.

“Quello che abbiamo scoperto in quel viaggio è stato uno shock di tali proporzioni che ha cambiato in modo permanente il corso della mia vita.” Lars Marius Garshol

martedì 5 maggio 2020

L'importanza di Gestire il Lievito

Parte della rubrica CondorLAB
Gestione del lievito 
"Non è che la birra si faccia proprio da sola.
Serve un elemento di mistero, qualcosa che nessuno può capire."
Fritz Maytag
Dopo il mio ultimo post sull'importanza di gestire il lievito tra Recupero e Conservazione (per saperne di più clicca qui), mi sono arrivati innumerevoli messaggi sulla gestione del lievito in tutte le sue forme e sfaccettature. Grazie a queste richieste è nata l'idea di creare qualcosa di utile e costruttivo, per comprendere meglio questi fantastici microorganismi.

La famosa frase “il mastro birraio fa il mosto, il lievito fa la birra” è sicuramente una grande verità, ma il compito del produttore può avere un impatto non del tutto trascurabile. Il nostro lavoro è mantenere pulito e sanitizzato, il luogo di lavoro e l'intera l'attrezzatura. Inoltre, favorire le migliori condizioni possibili di lavoro e gestione completa dello stesso lievito, spetta a noi produttori. Non proprio il massimo della semplicità, ma sicuramente alla portata di tutti.

Esistono molti fattori per una buona fermentazione, il primo passo risulta l'inoculo nel mosto, che deve rispettare un certo numero di cellule sane di lievito. L'inoculo è un aspetto fondamentalmente e viene espresso come rapporto tra il numero di cellule di lievito e il volume del mosto.

Troppo spesso l'inoculo del lievito avviene con tassi generalmente bassi, con tutti i problemi che ne susseguono.

Perchè il tasso di inoculo è importante?
Per capire le motivazioni che ci sono dietro all'importanza del tasso di inoculo, per ottenere un buon prodotto, è utile conoscere anche il ciclo vitale del lievito. Il lievito attraverso l'uso delle risorse presenti nel mosto, come zuccheri e ossigeno disciolto, produce più cellule di lievito, rifiuti catabolici e vari sottoprodotti metabolici. Questo processo è il risultato diretto della riproduzione cellulare, dove i rifiuti catabolici sono l'anidrite carbonica (CO2) e alcool.

In poche parole, amiamo i lieviti per i loro rifiuti.

Inoltre, durante la fermentazione le cellule di lievito creano numerosi sottoprodotti, tipo esteri, aldeidi e fenoli, che hanno un impatto diretto sul sapore e l'aroma della nostra birra finita.

Più lievito al momento dell'inoculo determina una fase di crescita più breve, con bassi livelli di sottoprodotti inferiori, un profilo più pulito e bassa percezione di lievito nella birra finita.

Meno lievito al momento dell'inoculo determina una fase di crescita più lunga, con livelli più alti di sottoprodotti inferiori, un profilo più fruttato, funky e alta percezione di lievito nella birra finita.

Dunque, la crescita della popolazione del lieviti determina la quantità e la percezione di questi composti nella birra. Nonostante la riproduzione cellulare risulta più veloce durante la prima fase di fermentazione del mosto (perchè dopo l'inoculo il lievito assimila proprio l'ossigeno disciolto, per la riproduzione), con una crescita teorica raddoppiata ogni 20 minuti circa, non evita l'eccesso di questi sottoprodotti metabolici in caso di inoculo inconsistente.

Una buona parte di casalingo brassicoli produce generalmente 19 litri di birra, con inoculo e fermentazione a temperature di 18 ° C. In questo specifico caso, teoricamente in un mosto con una densità inferiore  a 1.060, sono necessarie circa 113,5 miliardi di cellule. Naturalmente, questi dati si basano su una linea generale e non rappresentano comunque una regola fissa, visto che esistono eventuali variazioni dovute agli stili specifici e ai lieviti utilizzati.

Tipo per una birra lager, dove il contributo del lievito deve essere pulito e nitido, dove gli alti livelli di esteri sono un difetto. Il tasso di inoculo deve essere circa il doppio.

Diversamente nel caso di particolari produzioni dove serve favorire una maggiore estrazione di esteri dal lievito, viene inoculato meno cellule del necessario "underpitching".

Fermentazioni a bassa temperatura
Una temperatura di fermentazione bassa rappresenta uno stress ambientale per il lievito perchè rallentano il metabolismo cellulare, nonostante l'utillizzo di ceppi lager. Inoltre, il contributo del lievito deve essere pulito e nitido, dove gli alti livelli di esteri sono un difetto. Le fermentazioni a basse temperature richiedono l'inoculo di un lievito maggiore rispetto alle fermentazioni ordinarie con lievito Ale.

Fermentazioni con una densità alta
Una maggiore densità del mosto aumenta la pressione osmotica sulle pareti cellulari. Inoltre, con l'aumento della concentrazioni di alcol in fermentazione, l'ambiente risulta maggiormente tossico per il lievito. Dunque, oltre alle considerazioni di sapore e aroma, la fermentazione di un mosto con una densità alta crea un ulteriore stress ambientale al lievito. Le fermentazioni con una densità alta richiedono l'inoculo di un lievito maggiore rispetto alle fermentazioni ordinarie.

Detto questo, per una corretta gestione, bisogna ulteriormente distinguere i lieviti in due diverse categorie in base alla forma con cui ci vengono forniti dai rivenditori. Possiamo usare lieviti in forma liquida e in forma secca.

LIEVITO SECCO
basso costo, lunga conservazione e facilità di utilizzo.
I lieviti secchi sono la forma più usata tra gli appassionati di birra fatta in casa. Questi lieviti sono facili da usare, possono essere conservati per molto più tempo e il costo risulta molto inferiore rispetto ai lieviti liquidi.

L'aspetto più discusso sull'utilizzo di lievito secco riguarda la reidratazione. È necessario reidratare il lievito secco? 

Inizio dicendo che in ogni progetto sensato deve esserci un risultato altrettanto sensato. Quindi se alla nostra domanda inseriamo queste due variabili, forse possiamo arrivare alla risposta. Se optiamo per la soluzione di reidratare il lievito, dobbiamo essere capaci di percepire l'utilità di questo metodo, altrimenti sarebbe vano e del tutto inutile. Ma andiamo per ordine, la reidratazione è utile a diminuire la mortalità del lievito.

Ciò nonostante, il processo classico per reidratare non lo prendo quasi mai in considerazione, perché lo ritengo una perdita di tempo. Dunque, non ho una particolare propensione verso la reidratazione, perchè potrebbe essere un possibile rischio di contaminazione, anche se nel peggiore dei casi. Basta inoculare più lievito per non avere problemi.

Nel libro "YEAST" (di White), si può leggere che senza la reidratazione, i lieviti possono arrivare ad avere una vitalità dimezzata. Capito questo concetto, in teoria basterebbe inoculare più lievito. A voi la scelta!

Nel caso di basse fermentazioni è necessario utilizzare il doppio della quantità di lievito, rispetto all'alta fermentazione. In fase di inoculo, bisogna assicurarsi una quantità di almeno un grammo di lievito (secco) per litro.

L'aspetto che sfugge ad ogni logica. 
È necessario fare lo starter con il lievito secco? 
Assolutamente no!

Non conviene in alcun modo realizzare degli starter, con i lieviti secchi. Una procedura del tutto inspiegabile per via di possibili contaminazioni e perdite di tempo. Inoltre, i bassi costi di questi lieviti non giustificano in modo più assoluto questa pratica. Usate più bustine, ma non starterizzate mai questi lieviti. Per una conservazione adeguata lasciate le bustine di lieviti in frigo.

Nonostante i tanti vantaggi che apporta alle nostre esperienze questa forma di lievito secco, in termini di costi e di tempo, gli appassionati più esperti generalmente utilizzano i lieviti liquidi.

LIEVITO LIQUIDO
alto costo, bassa conservazione e difficoltà di utilizzo.
I lieviti liquidi sono realmente poco utili per chi non ha voglia di perdere tempo con la birra. Se la tua priorità è quella di una birra con il minimo sforzo, meglio non utilizzare questa forma di lievito.

Nel caso contrario, è giusto sapere che una busta di lievito per 19 litri di mosto non è mai sufficiente per una buona fermentazione. Nelle migliori delle ipotesi (in questo caso intendo ricevere la busta di lievito direttamente dopo essere stata chiusa dal laboratorio di produzione) nella busta di lievito da 125 ml ci sono 100 miliardi di cellule, mentre a noi servono circa 113 miliardi di cellule per una buona fermentazione. Se a tutto ciò andiamo a sommare che non avremo mai la possibilità di ricevere il lievito per mano dei produttori, ma una busta deteriorata dal tempo, dal trasporto e dalle condizioni di conservazione, potete chiaramente capire che vi serviranno più buste o l'eventuale starter per una buona fermentazione.

Naturalmente, inoculando il lievito nella busta con meno cellule del necessario, sarà in grado di fermentare il mosto, ma non sarà una fermentazione adeguata (con il serio rischio di difetti e attenuazioni inconsistenti).

Diverse persone hanno la falsa credenza di valutare la vitalità del lievito tramite il rigonfiamento della busta. Nulla di più falso!

Schiacciando il sacchetto interno della busta di lievito (Smack Pack) vengono liberati zuccheri e nutrienti facili prede per i lieviti ancora vivi, i quali le metabolizzano e li trasformano in anidride carbonica e alcol. Questo processo dimostra la presenza del lievito, ma non certo le condizioni di vitalità e carica vitale.

La White Labs con le nuove confezioni (Pure Pitch) dovrebbe garantire una conservazione migliore. Inoltre, in aggiunta alla data di scadenza permette anche di risalire al numero di cellule vive al momento del confezionamento, tramite il lotto sulla confezione.

Mentre, l'Imperial Yeast è al momento l'unica azienda che riesce a fornire una confezione da 200 miliardi di cellule, al confezionamento.
Imperial Yeast da 200 miliardi di cellule
In qualunque modo la vogliamo vedere il fattore principale risulta il tempo, il lievito più è datato e meno cellule attive si avranno a disposizione per la fermentazione. Ho scritto cellule attive appositamente perché non basta avere cellule vive, ma servono cellule in buone condizioni capaci di realizzare il processo di fermentazione in modo ottimale.

La stima di vitalità e carica vitale sono indispensabile per chi utilizza lievito liquido. Questi due termini rappresentano due aspetti diversi delle funzioni delle cellule ma entrambi necessari per la stima dello stato fisiologico di una cellula. Con il termine Viability (Carica Vitale) si intende la percentuale di cellule vive in una popolazione intera. Mentre con Vitality (Vitalità) si definisce propriamente le capacità fisiologiche delle cellule, cioè se una cellula, sebbene sottoposta a vari tipi di stress, riesce a dividersi sebbene abbia una serie di alterazioni dovute agli stress subiti.

Come valutare
la vitalità e carica vitale?
Per la valutazione  della carica vitale servirebbe una strumentazione adeguata, che non è alla portata di un semplice homebrewer. Per i più curiosi, sarebbe utile avere un microscopio ottico (40X e 100X), vetrini e colorante (blu di metilene), per distinguere le cellule vive da quelle morte. Dopo la colorazione, le cellule vive risultano trasparenti mentre quelle morte di colore blu. Un ulteriore metodo è quello della conta convenzionale su piastra (SCP, standard plate count).

Per la valutazione  la vitalità ci servirebbe una fermentazione ridotta, con il giusto tasso d'inoculo, per verificare i tempi di fermentazione. Se il processo dovesse superare i tempi di fermentazione previsti, la vitalità del lievito non è del tutto adeguata per supportare una fermentazione regolare.

Conta cellulare del lievito 
Metodo SPC
Questa tecnica consiste nell'inoculare, su una piastra, una quantità conosciuta di lievito per poi contare le colonie che hanno proliferato. In poche parole, su 100 cellule piastrate e una nascita di 80 colonie, la carica vitale risulta del 80 %. Per provare questa tecnica, si deve diluire il lievito con acqua (sterile deionizzata) per ricavare una concentrazione di 1X13 al cubo, cellule per millilitro. Con l'ausilio di una pipetta, bisogna prelevare 0,1 millilitro di soluzione di lievito, diluito su più piastre (da 100x15 mm) con ager nutritivo e ripartito in modo omogeneo. Inoltre le piastre devono essere incubate per 42 ore a 27 °C. Successivamente, individuato il numero delle colonie è possibile calcolare la percentuale della carica vitale.

Valutare la vitalità e carica vitale prima di ogni produzione è improponibile per noi produttori casalinghi. Sono tecniche che richiedono esperienza e strumentazione che non sono alla portata di tutti. Non avendo molto di valutare questi aspetti tra le mura di casa, il rimedio arriva dai calcolatori online. Questi calcolatori oltre ad avere delle stime differenti tra loro (basterebbe questo per capire la poca attendibilità), non ci consegnano un dato certo perché le variabili in gioco sono cosi tante che non possono essere certamente calcolabili. Il tutto viene influenzato da aspetti sconosciuti ai nostri occhi, lungo la catene di distribuzione, tra conservazione e trasporto. L'unica certezza dovrebbe risalire alla data di produzione e vi assicuro che non è realmente molto come informazione in nostro possesso.

Allora, come usare un lievito liquido senza spendere un patrimonio (con l'acquisto di innumerevoli pacchi e le poche certezze del caso)?

Utilizzando lieviti liquidi gli starter sono una parte fondamentale del processo produttivo. Naturalmente la mia risposta non è nulla di nuovo. Bisogna realizzare un relativo  starter, con tutti i rischi del caso. Basta essere solo coscienti di quello che si sta facendo e abbassare ogni possibile rischio di contaminazione. Realizzando il tutto con criterio e una discreta conoscenza, possiamo ottenere ottime risultati.

La riproduzione cellulare risulti più veloce durante la prima fase (con una crescita teorica che raddoppiata ogni 20 minuti circa), perchè dopo l'inoculo il lievito assimila l'ossigeno presente nel mosto per la riproduzione. Nonostante ciò, personalmente valuto la stima dei calcolatori online sempre al ribasso. Le valutazioni troppo ottimistiche non pagano mai con i lieviti, anche per questo è quasi sempre preferibile produrre dei campioni di lievito da inoculare con un numero di cellule maggiori (tranne in alcuni casi specifici di produzioni, dove serve inoculare meno cellule del necessario "underpitching", per favorire una maggiore estrazione di esteri dal lievito).


Nel caso di densità elevate (OG) serve maggiore inoculo di lievito. Nel caso di basse fermentazioni è necessario utilizzare il doppio della quantità di lievito, rispetto all'alta fermentazione. Mentre, per una conservazione adeguata lasciare le buste di lievito liquido sempre in frigo, chiaramente usandoli il prima possibile.

Il recupero di lievito da confezioni scadute, favorisce maggiormente la possibilità di contaminazioni e future mutazioni del lievito, sconsiglio questa pratica.

Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.

domenica 26 aprile 2020

Post-Conservazione per due lieviti Kveik | Weekly Vlogs #4

Quarto appuntamento di Weekly Vlogs. Un episodio che riguarda principalmente la crescita di due differenti lieviti kveik, a distanza di 10 mesi di conservazione, tra congelatore (con glicerina) e frigorifero (con acqua distillata).

giovedì 23 aprile 2020

L'importanza di Gestire il Lievito tra Recupero e Conservazione

Parte della rubrica CondorLAB
Gestione del lievito 
"La fermentazione alcolica potrebbe essere 
la prova dell'esistenza di Dio."




La famosa frase “il mastro birraio fa il mosto, il lievito fa la birra” è sicuramente una grande verità, ma favorire le migliori condizioni possibili di lavoro e la gestione completa dello stesso lievito, spetta a noi produttori. Non proprio un compito semplice e poco impegnativo, ma sicuramente alla portata di tutti.

Un aspetto unico della birra è la possibilità di conservare e utilizzare, un sottoprodotto della stessa produzione. Tutto ciò può avvenire perchè il lievito risulta in buone condizioni dopo il processo fermentativo. Basti pensare che non sono pochi i birrifici che utilizzano lievito raccolto per nuove cotte.

L'aspetto più importante in questo caso è quello di preservare la purezza della coltura iniziale.

Sicuramente per garantire un alto livello di purezza al campione bisogna lavorare in un ambiente pulito, sterile e utilizzare una fiamma libera durante le diverse fasi di trasferimento. Ridurre al minimo ogni possibile passaggio che possa risultare un rischio di contaminazione. Utilizzare prodotti sanitizzanti opportuni e fogli di alluminio o altre coperture igieniche.

COME RACCOGLIERE IL LIEVITO
Diversamente da ciò che si potrebbe pensare, un lievito che floccula in anticipo, prima che la fermentazione sia terminata del tutto, contiene più cellule morte e sedimenti. Questo lievito se venisse utilizzato come reinoculo porterebbe ad attenuazioni sempre minori, proprio per questo viene buttato o utilizzato come nutriente. Il lievito si ammassa in quantità opportune per la raccolta, nella parte superiore e sul fondo. In quest'ultimo caso, la raccolta del lievito è più semplice perchè tutti i lieviti, in un modo o nell'altro, arriveranno sul fondo. Mentre la raccolta nella parte superiore risulta difficoltosa per il fatto che non tutti i ceppi si raccolgono in quella zona.

I lieviti Ale (alta fermentazione) sono quelli che fermentano nella parte alta, perchè la superficie idrofoba di queste cellule permette agli agenti flocculanti dello stesso lievito di aderire ‎all'anidride carbonica (CO2). Storicamente i lieviti Ale venivano sempre raccolto dalla parte alta, nonostante oggi si preferisca la raccolta dal fondo, grazie ai fermentatori moderni che permettono una più semplice pulizia e raccolta. Nonostante ciò, ricordate che l'ambiente e la salute del lievito rappresentano un ruolo fondamentale sulla velocità di esaurimento delle cellule.

  Lievito kveik in sospensione

Con la scoperta dei kveik molte persone si sono chiesti come sia stato possibile tramandare dei lieviti, con minime o quasi inesistenti contaminazioni esterne, riutilizzati nelle fattorie per generazioni. La raccolta dalla parte alta del fermentatore (Top Cropping) potrebbe essere il vero motivo che ha permesso di riutilizzare questi lieviti per secoli, garantendo una continua e importante qualità. Il lievito si trova nella parte alta, libero da stress e sedimenti, con una maggiore vitalità e carica vitale. Diversamente dalla minore qualità del lievito recuperato dal fondo, che contiene cellule stressate e non proprio sane, condizioni che favoriscono in minore tempo possibili mutazioni.

Top Cropping
Generalmente dopo le prime 12 ore di attività, i ceppi Ale risalgono in superficie per 3 o 4 giorni, durante la fermentazione tumultuosa dove viene prodotta più ‎anidride carbonica. Solitamente è utile scartare il primo prelievo in superficie perchè contiene molte proteine. Successivamente, il lievito può essere raccolto senza aspettare ulteriore tempo. Questo campione potrebbe essere subito riutilizzabile o conservato in forma liquida, in frigorifero o in congelatore con glicerina (per saperne di più clicca qui). Nel caso dei kveik, questi ceppi possono essere conservati anche in forma essiccata.

Raccolta dal Fondo
Recuperate il lievito il prima possibile, perchè una volta che la fermentazione è completa il lievito si decompone, consumando le sue riserve. Anche quando viene realizzato uno starter, non bisogna farlo girare per giorni e giorni, in attesa che gli zuccheri si esauriscano. Non vi è cosa più insensata. Il momento migliore per iniziare la fase di raffreddamento è quando la crescita è ancora attiva, mentre la raccolta avviene uno o due giorni dopo l'inizio dello stesso processo di raffreddamento. Finito questo passaggio ricordate di rimuovere sempre la birra dal lievito. Personalmente non ascolto mai chi conserva il lievito con del nuovo mosto per pochi giorni, perchè potrebbe favorire contaminazioni. Meglio utilizzare acqua distillata sterile e avere un lievito dormiente, ad una temperatura di 1/2 °C.

Viability e Vitality
(per saperne di più clicca qui)
I due termini rappresentano due aspetti diversi delle funzioni delle cellule ma entrambi necessari per la stima dello stato fisiologico di una cellula.

Con il termine Viability (Carica Vitale) si intende la percentuale di cellule vive in una popolazione intera.

Mentre con Vitality (Vitalità) si definisce propriamente le capacità fisiologiche delle cellule, cioè se una cellula, sebbene sottoposta a vari tipi di stress, riesce a dividersi sebbene abbia una serie di alterazioni dovute agli stress subiti.

Conservazione
Ogni lievito deve essere valutato in base alla propria condizione di raccolta e conservazione, ma il problema delle lunghe conservazioni risulta il mantenimento di un campione vitale e soprattutto che sia libero da possibili mutazioni.

Un lievito secco conservato a 2/3 °C può perde il 4% di carica vitale all'anno, mentre a 24 °C perde il 20%.

Un lievito kveik secco conservato in frigo o in congelatore può durare 20 anni.

Un lievito liquido in acqua conservato in frigo dopo solo 4 settimane può raggiungere una carica vitale intorno al 50%, mentre non dovrebbe andare oltre i 6/7 mesi di sopravvivenza.

Un lievito kveik liquido in frigo, non dovrebbe andare oltre l'anno di sopravvivenza.

Un lievito liquido conservato in congelatore (-19 °C) potrebbe avere una sopravvivenza superiore ai 5 anni.


Carica vitale e vitalità, post-scongelamento
Per ottenere qualche risposta certa, sarebbe opportuno avere dei dati sulla carica vitale e la vitalità. Detto questo, servirebbe una strumentazione adeguata che non è alla portata di un semplice homebrewer. Per i più curiosi, nel caso specifico della carica vitale, potrebbe essere utile avere un microscopio ottico (40X e 100X), vetrini e colorante (blu di metilene), per distinguere le cellule vive da quelle morte (dopo la colorazione, le cellule vive risultano trasparenti mentre quelle morte di colore blu.). Mentre non esiste un metodo standard per il calcolo della vitalità. Dalle informazioni che ho trovato, a livello puramente teorico, viene riportata una carica vitale finale di circa il 25%.


Non avendo molte altre certezze a disposizione, questo valore del 25% di carica vitale finale si aggiunge ai campioni iniziali che io generalmente conservo, da 25 ml e da 50 ml (solo lievito). Naturalmente il risultato della stima di carica vitale è sicuramente da prendere con le pinze. Il tasso vitale delle cellule viene influenzato da diversi fattori. Detto questo, il campione iniziale di 25 ml  può essere identificato con ottimismo a circa 50 miliardi di cellule, pari a 2 miliardi di cellule vive ogni millilitro di lievito. Tutta via Chris White nel suo libro sul lievito (Gli ingredienti della birra: il lievito), indica la vitalità tra 0,8 e 2 miliardi di cellule, per ogni millilitro di lievito.

Proseguendo in condizioni di vitalità (viability e vitality) presunta, vi riporto in evidenza un esempio della mia esperienza diretta.

Per moltiplicare le cellule di lievito di un campione di partenza di 50 ml, precedentemente congelato, servono degli starter in sequenza (con agitatore magnetico), per una fermentazione di 10 litri (OG 1050). In questo caso specifico bisogna arrivare a 97,5 miliardi di cellule (0,75 x 10 x 13 = 97,5).
Formula 
0,75 x 10 x 13 = 97,5
N x mosto da fermentare in litri x gradi Plato del mosto = milioni di cellule da inoculare
N = (milioni di cellule per millilitro di mosto, grado plato) 0,75 (Ale) e 1,5 (Lager)

Campione
Iniziale: 50 ml di lievito (circa 100 miliardi di cellule).

Post-scongelamento (vitalità ipotetica del 25%)50 ml di lievito (circa 25 miliardi di cellule).

Starter in sequenza: 97,5 miliardi di cellule per fermentare 10 litri di mosto (OG 1050).



Dunque, servirebbero 97,5 miliardi di cellule per una buona fermentazione. E' inutile dire che il progetto viene tenuto in piedi dalla sola teoria. Le cellule saranno realmente 97,5 miliardi, sufficienti per una buona fermentazione?

Il mosto sarà fermentato quasi certamente perchè i lieviti non si scoraggiano facilmente, ma il prodotto finito potrebbe risentirne notevolmente. Uno degli effetti collaterali di questo utilizzo è l'underpitching (un numero minore di cellule inoculate, rispetto a quelle dovute), con il risultato di una fermentazione incompleta. In questo caso, il lievito non avrebbe le condizioni ideali per lavorare, lasciando nella birra una certa quantità di zuccheri non fermentati. Per non parlare di possibili sapori e puzze sgradevoli, attribuibili allo stress del lievito. Un altro possibile rischio dovuto ad un inoculo insufficiente potrebbe essere l'aumento del tempo in cui il lievito si adatta al mosto (lag phase). Una fase prolungata aumenta i rischi di contaminazioni da lieviti selvaggi e batteri. Senza tralasciare possibili mutazioni dello stesso lievito.

Nonostante possibili rischi, in questi anni ho completato diverse fermentazioni con lieviti precedentemente congelati, quasi sempre con risultati più che soddisfacenti.


Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.

mercoledì 1 aprile 2020

Storia e Cultura del Sakè

Alla scoperta del Sakè
"Bisogna conoscere il carattere del lievito e il barile. 
Se gli parli, col cuore loro rispondono
e il sakè diventa un buon sakè."
Jirō Taniguchi

Il modo migliore per comprendere il prodotto di una cultura distante dalla nostra è quello di iniziare dal significato del nome. La parola Sakè (bevanda alcolica) è un termine generico per indicare qualsiasi bevanda alcolica. Mentre, ciò che noi occidentali identifichiamo con il nome di Sakè, in Giappone viene chiamato Nihonshu 日本酒 (alcol giapponese).

I due ideogrammi base
L'ideogramma del sakè  酒, oltre ad essere molto antico può essere letto in tre diversi modi. In letteratura moderna giapponese è letta kun o shu, mentre on per la cultura tradizionale cinese.

Questo stesso ideogramma è composto da altri due ideogrammi base chiamati radicali, acqua (nella foto a sinistra di colore rosso) e medicina (nella stessa foto di colore nero).

Curiosità: I giapponesi chiamano da sempre il vino budou-shu (ぶどう酒), dove shu (酒) è l'alcol e budou (ぶどう) è l'uva. Solo ultimamente la parola vino inizia ad essere tradotta in giapponese come uàin (ワイン). Anche per la birra si usa dire storicamente baku-shu (麦酒), dove shu (酒) è l'alcol e baku (麦) è l'orzo. Solo recentemente si preferisce chiamare la birra con la stessa pronuncia in giapponese di beer, bii-ru (ビール).

Ma che cosa è dunque l'alcol giapponese Nihonshu 日本酒 ?
Il sakè o Nihonshu è una bevanda alcolica, ottenuta dal processo di fermentazione del riso, a cui è stato aggiunto acqua, kōji (aspergillus oryzae) e lievito. Nonostante tutto, sono ancora molte le persone che fanno confusione, identificando il sakè (Nihonshu) come un distillato. Questo errore potrebbe essere dovuto al colore trasparente e alla simile percezione di bere una  grappa, meno alcolica. Dunque, non abbiate dubbi nel definire il sakè come un fermentato del riso. La gradazione alcolica di questa bevanda varia dal 12 al 16% e può essere bevuta calda o fretta, in base alla qualità del sakè e alla stagione in cui ci si trova al momento della degustazione.

Oiko che versa il sake
ad un guerriero Hokusai
Storia del Sakè (Nihonshu 日本酒)
Non esiste una data precisa dove si possa collocare la nascita del sakè, malgrado ci siano diverse teorie al riguardo. 

La nascita del processo di fermentazione del riso potrebbe risalire al V millennio a.C., nell’area del Fiume Azzurro, in Cina. Mentre un altro possibile luogo rilevante potrebbe essere all'area del Fiume Azzurro, durante il periodo della dinastia Shang (dal XVII al XI secolo a.C.), nella stessa Cina.

Le prime testimonianze sulla cultura del vino di riso giapponese emergono nel testo storico cinese "Cronache dei tre regni", più precisamente nel libro "Cronache di Wei" (nella sezione dedicata proprio al Giappone), risalente al III sec. d.C. In questo testo viene descritta l'usanza del popolo giapponese, di danzare sorseggiando una una bevanda alcolica a base di riso.

Nella cultura giapponese, il primo riferimento al sakè è presente nei Fudoki (風土記), antichi resoconti sulla cultura, la tradizione orale e la vita quotidiana delle varie province del Giappone (scritti durante il periodo Nara, tra il 713 e il 733). Si tratta del primo sakè, chiamato kuchikami no sake 口噛みの酒 (letteralmente sake masticato in bocca) e prodotto dalle sacerdotesse miko, dei santuari shintō (religione scintoista, un fenomeno tipicamente giapponese che caratterizza tutta la cultura del paese del sol levante). La produzione di questo sakè avveniva grazie agli enzimi naturali presenti nella saliva, che favoriva la conversione dell'amido in glucosio. Questo stesso processo di masticazione è stato riscontrato anche per la preparazione della chicha, una bevanda alcolica sudamericana.

Dal film animazione Your Name (del 2016),
la protagonista Mitsuha Miyamizu, 
produce il kuchikami no sake,
durante un rituale. 
Durante il periodo Yomato (questo nome deriva dal fatto che in questo periodo storico la Corte Imperiale era situata nella Prefettura di Nara ma che, al tempo, era nota come Provincia di Yamato. Il periodo Yamato include il Periodo Kofun 250-538 d.C. e il Periodo Asuka 538-710 d.C.) la produzione del sakè si estese per l'intero territorio giapponese, come la bevanda degli dei o degli imperatori. In base alle testimonianze riportate nelle Kojiki 古事記 (vecchie cose scritte) il sakè viene infatti associato alle divinità fondatrici del Giappone, Izanami e Izanagi. Il racconti riportano che nella terra emersa di Izumo (la prima area di sviluppo della civiltà Giapponese), un giorno il dio Susanoo, figlio di Izanami e Izanagi, si ritrovò ad affrontare un temuto serpente gigante con otto teste. Il serpente Yamata no Orochi venne sconfitto grazie ad otto barili di sakè, che fece preparare opportunamente Susanoo. Con il serpente stordito per il troppo sakè bevuto, Susanoo riuscì facilmente a sventrarlo, trovando al suo interno la spada kusanagi no tsurugi (oggi, uno dei tre tesori sacri dell'imperatore) e salvando l'ottava figlia di un'antica famiglia locale.

Susanoo combatte contro il serpente Yamata no Orochi
Il Sakè dopo la scoperta del Koji
Quello che oggi viene identificato come vero sakè è nato probabilmente all'inizio del periodo Nara (epoca che va dal 710, anno in cui l'Imperatrice Genmei spostò la capitale a Heijō, l'odierna Nara, al 784, quando l'Imperatore Kammu la spostò nuovamente a Nagaoka, l'odierna Kyōto), grazie alla scoperta del koji, un fungo. In base alle testimonianze riportate nelle Kojiki 古事記 (vecchie cose scritte), il koji venne portato in Giappone da un coreano di nome Susukori, il quale conosceva una nuova tecnica di produzione per ottenere sakè, sfruttando proprio questa particolare muffa del riso. Questo fungo (Aspergillus oryzae) cresceva sul chicco di riso, liberando gli zuccheri utili per la fermentazione. Dunque, la masticatura era ormai inutile ai fini della fermentazione.

Kome-kōji 米麹 (riso maltato)
Con il passare del tempo, il sakè divenne sempre più raffinato. La popolarità di questa bevanda alcolica fece istituire un organismo per la sua preparazione, addirittura nel palazzo imperiale di Kyoto, l’antica capitale dell’impero giapponese. Questo portò alla creazione di una nuova figura professionale, il tōji (杜氏), responsabile della preparazione del sakè.

Durante la Restaurazione Meiji del 1868, ci fu un’apertura legale per chi aveve le conoscenze e i fondi necessari per iniziare nuove produzioni di sakè. In un solo anno le fabbriche aumentarono di trenta mila unità. Nonostante tutto, le successive tassazioni sull'industria del sakè portarono in poco tempo alla chiusura di otto mila stabilimenti.

Nel 1904 il governo aprì l’istituto di ricerca per la produzione di sakè,  organizzando la prima gara di degustazione nel 1907. In questo stesso periodo, vennero abbandonate le botti di legno preferendo i serbatoi in acciaio smaltato, per la facili di pulizia e i limitati rischi per la proliferazione dei batteri. Mentre, i ceppi di lievito vennero specificamente selezionati e isolati.

Nel 1898, le tasse sul sakè rappresentavano il 46% del reddito totale delle imposte al governo. Inoltre, a causa della guerra russo-giapponese (1904-1905), il governo vietò la doburoku 濁酒 (la produzione domestica del sakè), perchè non soggetta a tassazione. Questa stessa legge potrebbe essere ancora valida in Giappone.

Nel 1943, venne creato il kyùbetsu-seido, un sistema per la classificazione di tre sole categorie di sakè. La tassazione avveniva in base alle categorie: eccellente, prima e seconda scelta. Tutto ciò agevolava i produttori più ricchi che potevano pagare le tasse, aggiudicandosi la classificazione migliore. 

Durante il periodo della seconda guerra mondiale, la produzione del sakè subì un notevole calo. Le quantità di riso utilizzabili per il sakè diminuire drasticamente, le coltivazioni di riso provvedevano al sostentamento dei soldati e del popolo. Questa difficoltà di produzione portò il governo ad emanare un decreto che permetteva di aggiungere alcol puro e glucosio alla miscela di riso.

Il mattino del 6 agosto 1945, alle ore 8:15 l'aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica "Little Boy" sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell'ordigno "Fat Man" su Nagasaki. Il numero di vittime dirette è stimato da 100.000 a 200.000, quasi esclusivamente civili.

Hiroshima, 6 agosto 1945
L'atto di resa venne ufficialmente firmato il 2 settembre. Con la fine della guerra, le tantissime perdite e il grande livello di devastazione, il Giappone trovò comunque la forza di reagire. In pochi anni la popolazione giapponese  migliorò notevolmente tutte le attività industriali, sakè compreso.

Nonostante la qualità del sakè andava migliorando sempre di più, gli anni sessanta segnarono un nuovo declino a causa dell'introduzione di bevante straniere. Con l'arrivo del vino e della birra, crollò il consumo interno di sakè.

Nel 1989, venne modificato il sistema di classificare del sakè, il kyùbetsu-seido. Mentre nel 1992, questo stesso sistema fu sostituito con l'attuale sistema di classificazione, basato sulla raffinazione del riso e la presenza o meno di alcol aggiunto.

Barili per Sakè
Oggi la qualità del sakè risulta ai suo massimo livelli, con una diffusione su scala mondiale, ma gli introiti da esportazione dal Giappone potrebbero non bastare a mantenere viva l’industria. La quale è passata dalle 3.200 fabbriche degli anni ’70, a meno delle attuali 1.400. Ad ogni modo, il sakè inizia ad essere prodotto anche all'estero.

Deustazione Sakè
Curiosità: il 1° ottobre in Giappone è la giornata ufficiale del sake, Nihonshu no Hi 日本酒の日. 

Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.

martedì 7 novembre 2017

Carica Vitale e Vitalità



Utilizzando lievito liquido è utile sapere che una semplice busta per 19 litri di mosto non è mai sufficiente ad ottenere una buona fermentazione. Nelle migliori delle ipotesi (in questo caso intendo ricevere la busta di lievito direttamente dopo essere stata chiusa dal laboratorio di produzione) nella busta da 125 ml ci sono 100 miliardi di cellule, ma a noi servirebbero circa 113 miliardi di cellule per una buona fermentazione.

Il Lievito: Guida Pratica alla Fermentazione |  CARICA VITALE E VITALITA' ep. 3 


Se a tutto ciò andiamo a sommare che non avremo mai la possibilità di ricevere il lievito per mano dei produttori, ma una busta deteriorata dal tempo, dal trasporto e dalle condizioni di conservazione, potete chiaramente capire che vi serviranno più buste o l'eventuale starter per una buona fermentazione.

Naturalmente, inoculando il lievito nella busta con meno cellule del necessario, sarà in grado di fermentare il mosto, ma non sarà una fermentazione adeguata con il serio rischio di difetti e attenuazioni inconsistenti. Per saperne di più clicca qui

Schiacciando il sacchetto interno della busta di lievito (Smack Pack) vengono liberati zuccheri e nutrienti facili prede per i lieviti ancora vivi, i quali le metabolizzano e li trasformano in anidride carbonica e alcol. Questo processo dimostra la presenza del lievito, ma non certo le condizioni di vitalità e carica vitale.

Nonostante l'uso frequente di questi termini (vitalità e carica vitale) nella produzione di birra, ci si trova difronte a tanta confusione.

Esistono numerose analisi per dimostrare se il lievito è realmente vivo, dove questi due termini rappresentano aspetti diversi delle funzioni delle cellule, ma entrambi necessari per la stima dello stato fisiologico di una cellula.

I tre principi fondamentali sulla valutazione della carica vitale e della vitalità, sono:
a. Perdita  della capacità di duplicazione 
b. Perdita dell'attività metabolica
c. Danno cellulare.

Questi metodi includono la capacità delle cellule di crescere su mezzi solidi o liquidi, basati in alcuni casi su cambiamenti nelle cariche e nella funzionalità della membrana cellulare, mentre altri avvengono tramite coloranti che penetrano nelle cellule vive o morte. 

I metodi per valutare la Carica Vitale forniscono solo informazioni sulle cellule vive e morte, all'interno di un'intera popolazione. Mentre i metodi per la determinazione della Vitalità del lievito si basano su vari aspetti fisiologici e metabolici delle stesse cellule. 

Viability
Carica Vitale

Dunque, con il termine Carica Vitale (Viability) si intende la percentuale di cellule vive in una popolazione intera. In poche parole ci precisa se un lievito e vivo o morto, nulla di più. Nonostante ciò possiamo gestire questo aspetto con il semplice aumento di lievito utilizzato. Per la valutazione  della carica vitale servirebbe una strumentazione adeguata, che non è alla portata di un semplice homebrewer. Per i più curiosi, sarebbe utile avere un microscopio ottico (40X e 100X), vetrini e colorante (blu di metilene), per distinguere le cellule vive da quelle morte. Dopo la colorazione, le cellule vive risultano trasparenti e quelle morte di colore blu. Un ulteriore metodo riguarda la conta convenzionale su piastra (SCP, standard plate count).

Metodo SPC
Questa tecnica consiste nell'inoculare, su una piastra, una quantità conosciuta di lievito per poi contare le colonie che hanno proliferato. In poche parole, su 100 cellule piastrate e una nascita di 80 colonie, la carica vitale risulta del 80 %. Per provare questa tecnica, si deve diluire il lievito con acqua (sterile deionizzata) per ricavare una concentrazione di 1X13 al cubo,cellule per millilitro. Con l'ausilio di una pipetta, bisogna prelevare 0,1 millilitro di soluzione di lievito, diluito su più piastre (da 100x15 mm) con ager nutritivo e ripartito in modo omogeneo. Inoltre le piastre devono essere incubate per 42 ore a 27 °C. Successivamente, individuato il numero delle colonie è possibile calcolare la percentuale della carica vitale.

Vitality
Vitalità

Al contrario, se vogliamo conoscere la condizione del lievito, ci serve la Vitalità (Vitality). Con questo termine si definisce propriamente le capacità fisiologiche delle cellule, cioè se una cellula, sottoposta a vari tipi di stress, riesce a dividersi sebbene abbia una serie di alterazioni dovute agli stress subiti. Se le condizione del lievito sono scarse, anche la fermentazione risulterà altrettanto inconsistente. Dunque utilizzare un lievito con una bassa vitalità non è propriamente corretto,  ad eccezione di riportare le cellule nuovamente in condizioni ottimali.

In realtà, non esiste ancora  un metodo standard per un preciso calcolo della vitalità, nonostante si  stia cercando un metodo riproducibile, semplice e veloce.  Quindi, che io sappia, al momento la tecnica più usata è il test acidificante. Il principio prevede che il lievito attivo abbassi il ph di un terreno, più rapidamente avviene questo processo di acidificazione, maggiore sarà la vitalità del lievito.

Un ulteriore metodo ci viene suggerito da una fermentazione ridotta con un giusto tasso d'inoculo, dove è possibile verificare i tempi di fermentazione. Se il processo dovesse superare i tempi di fermentazione previsti, la vitalità del lievito non è del tutto adeguata per supportare una fermentazione regolare.

Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.