lunedì 26 febbraio 2018

Essiccazione Kveik


Parte della rubrica Farmhouse Ale
Le tradizioni vanno rispettate!
"Keeping kveik in bottle is a modern thing"
Lars Marius Garshol, in un suo messaggio.

Ho avuto modo di occuparmi di diverse tecniche di conservazione del lievito, sono arrivato tranquillamente ad ottenere buoni risultati anche con il congelamento (se vuoi saperne di più clicca qui). Mai avrei pensato alla conservazione tramite l'essiccazione domestica. La mia diretta vicinanza verso la produzione di birre Norwegian Farmhouse Ale, mi ha dato modo di verificare questa tradizionale tecnica sui kveik.

Diversamente dai lieviti commerciali i Kveik (per saperne di più clicca qui) sono stati storicamente tramandati di generazione in generazione, nella forma essiccata. Questo risulta anche uno dei motivi per cui questi particolari lieviti riescono a tollerare l'essiccazione. Le persone hanno sempre asciugato il loro lievito, pertanto quest'ultimo non ha mai perso la capacità di gestire il processo d'essiccazione, diversamente dai lieviti di birra moderni.
Procedimento
tecnica di essiccazione


Con poche sicurezze e scarse informazioni al riguardo, l'aiuto di Lars Marius Garshol è risultato indispensabile per capire l'intero processo di essiccazione.

MATERIALE
Carta da forno
Carta assorbente
Provette sterili o Sacchetti da freezer 

1. Valutazione 
Tradizionalmente i kveik recuperati da una precedente fermentazione non vengono generalmente sottoposti al processo di lavaggio.


2. Stendere il Kveik
Spalmate il Kveik su carta da forno. Sotto la carta da forno mettete degli strappi di carta assorbente, per aspirare l'umidità.


3. Essiccazione
Le strade per ottenere l'essiccazione sono fondamentalmente due, in modo naturale o veloce.

a. Lasciate il kveik in una stanza relativamente pulita per 4 o 5 giorni.
b. Mettete il kveik in un forno ventilato, a 30/35 °C.

4. Essiccazione Terminato
Terminata l'essiccazione, a prescindere dalla tecnica usata, vi basta accartocciare la carta da forno per staccare tutti i pezzi del vostro kveik. Successivamente, ponete il lievito in provette sterili o in semplici sacchetti da freezer.


5. Conservazione
Lasciate il vostro kveik nel congelatore. Lars ritiene che il lievito con questa conservazione possa durare anche 20 anni.


Conservazione Terminata
Starter di un Kveik essiccato
Solitamente quando si decide di utilizzare un Kveik essiccato, precedentemente conservato in congelatore, bisogna avere uno o due litri di mosto per uno starter di poche ore. La temperatura del mosto al momento dell'inoculo deve essere sui 30 °C, mentre la quantità adeguata di lievito da utilizzare è una manciata. Occorre sbriciolare i pezzi di kveik prima di immetterli nel mosto (anche se non tutti lo fanno) e utilizzare nutrienti. Dopo solo 2 ore dall'inoculo, il lievito dovrebbe mostrare già una buona attività, con lo starter attivo.
Inoculo #9 Ebbegarden Stordal in un litro di mosto
20 minuti dopo l'inoculo del kvaik
1 ora dopo l'inoculo del kvaik
Come detto in precedenza, i kveik sono gli unici lieviti capaci di gestire il processo essiccativo. Nonostante ciò, escono dall'intero processo con una vitalità relativamente bassa. Questi limitati livelli di Carica Vitale e Vitalità vengono rovesciati in brevissimo tempo, dopo l'inoculo. Inoltre è stato dimostrato che una buona fermentazione utilizzando kveik viene favorita dall'underpitch, questi livelli molto bassi fanno emergere ancora di più il carattere del lievito e la sua forza prorompente. Dunque, parlare di Carica Vitale e Vitalità con queste colture miste non la ritengo una cosa indispensabile come avviene diversamente per i lieviti tradizionali. Mentre è indispensabile usare sempre nutrienti perchè i kveik fanno difficoltà ad ottenere i giusti nutrienti di cui hanno bisogno.

8 ore dopo l'inoculo dello starter nel mosto.


  24 ore dopo l'inoculo dello starter nel mosto.

L'alternativa a questo tecnica è quella di essiccare e conservare il Kveik direttamente su legno, Kveikstokk (per saperne di più clicca qui).

Kveik sul mio Kveikstokk lasciato ad essiccare
In fine, è inutile credere che l'essiccazione del kveik risulti essere una tecnica rudimentale, le possibili contaminazioni non sono certo un'eccezione, ciò nonostante ho notato che lo stesso processo essiccativo limita di molto questo rischio. Per concludere volevo ringraziare nuovamente Lars Marius Garshol, per la pazienza e la disponibilità dimostratami. Grazie mille!!!

Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.

domenica 25 febbraio 2018

Birra Trappista (produzione)

Che cos'è che rende una
Trappista così affascinante?


"Un monaco lavora in cucina, un altro in giardino.
Naturalmente uno lavora nel birrificio"
Fratello Benedict di Achel

Quando mi sono avvicinato alle birre trappiste ho scoperto realmente una parte di paradiso. In quello stesso periodo era mia abitudine bere solo Super Tennent's, per sembrare più trendy, ma dopo il primo sorso della Regina delle Trappiste (Orval) ho capito cosa realmente mi ero perso fino a quell'istante. Da quel preciso momento il mio interesse è stato sempre maggiore, fino a spostarsi verso la produzione. Ho sperimentato e prodotto diverse birre in tradizione trappista, ciò che ritenevo più interessante, adesso voglio ottenere molto di più.

Prima serve chiarezza
Trappiste e d’Abbazia
Facilitati dalla crescente vendita, negli scaffali dei supermercati, le birre trappista e d’abbazia sono molto conosciuti anche dai meno esperti. Ciò nonostante, con questi due termini  non si riesce ad individuare uno stile definito, ma birre differenti tra loro. Dunque, evitate di chiedere una trappista o una birra d’abbazia se volete essere certi sulla birra da bere.

Birra d’Abbazia
Per quanto riguarda le birre d’Abbazia il discorso è poco chiaro, questo termine indica diverse tipologie di birra. La parte che accomuna queste birre risiede nella produzione, che avviene solo per concessione delle abbazie.

Birra Trappista
Birra brassata o controllata da monaci trappisti, regolarizzata da regole stabilite dall'Associazione Internazionale dei Trappisti. Non è uno stile ma indica una birra che rientra in alcuni requisiti per esibire il noto logo “Authentic Trappist Product”, presente nell'etichetta di 11 monasteri (6 Belgio, 2 Olanda, 1 Stati Uniti, 1 Austria e 1 Italia). In questa particolare lista manca Mont des Cats, nonostante abbia quasi tutte le caratteristiche per essere “Authentic Trappist Product” non porta il logo sull'etichetta. Le birre devono essere realizzate o controllate da monaci trappisti, all'interno di un'abbazia trappista. Mentre il processo produttivo deve risultare sotto il diretto controllo della comunità monastica e  i ricavi destinati  a finalità caritatevoli.


.Breve cenno storico.
Sulla base di alcuni antichi documenti, ancora esistenti, emerge che gli eremitani di Sant’Agostino (Castrovillari, CS) fuggirono e raggiunsero Orval. Gli stessi monaci calabresi fondarono ad Orval l'Abbazia “Valle d'Oro”, nel 1070. Una storia antichissima che lega la birra Trappista alla mia terra.

Progetto
Punto della Situazione
Nella birre trappiste o d’Abbazia manca una certa uniformità nel metodo di produzione e per quanto riguarda la scelta dei malti. Alcune produzioni riportano una lista di 4 malti differenti, altri un solo malto base e una piccola parte di malto caramellato. Mentre altri ancora preferiscono usare diversi malti base, con una buona parte di monaco per il colore e la dolcezza residua. Quello che risulta fondamentale è la scelta del lievito e la gestione della fermentazione. Questi lieviti contribuiscono, con una buona quantità di esteri, alla profondità e complessità del prodotto finito. I luppoli utilizzati variano da quelli tedeschi (Tettnanger, Spalt o Perle), della Baviera (Hallertauer o Tettnanger), della Boemia (Saaz) e della Slovenia (Styrian Golding). Il possibile utilizzo dello zucchero, per aumentare la quantità di birra fermentabile, sembra essere un aspetto  di non poco conto (gli zuccheri bianchi sono preferiti per le Tripel, mentre quelli scuri per le Dubbel). Le varie preparazioni di zucchero usate contengono solitamente saccarosio (dal 25% al 99%) e  destrosio.


Per il mio progetto ho voluto alzare l'asticella e realizzare una birra molto forte, mi mancava una produzione del genere, in tradizione trappista. Il ricordo dell'Achel Extra Bruin mi ha facilmente portato a produrre qualcosa che in teoria si avvicinasse, a questa splendida birra, ma che in realtà rispecchiasse di più il mio vagheggiamento. L'idea è stata quella di utilizzare Pilsner, Chocolate, Carapils, Zucchero Candito (scuro) e miele. Durante l'ammostamento, con acqua dolce, ho preferito fare uno step a temperatura di 66/67°C,  con successivo mash out a 78 °C per 10 minuti. Per il luppolo ho preferito utilizzare il Saaz, quasi interamente all'inizio della bollitura, mentre per il lievito il Belgian Abbey Ale (1214).

Quadruple Strong Dark
di tradizione trappista

OG 1,090
IBU 28

FERMENTABILI
86% Pilsner
3% Chocolate
1% Carapils
8% Zucchero (candito scuro)
2% Miele

AMMOSTAMENTO
66/67 °C fino a conversione
Mash out a 78 °C per 10 min.


LUPPOLO
Saaz
L'apporto del luppolo non è stato eccessivo, impiegato principalmente per l'amaro all'inizio della bollitura (IBU 27) e a 5 minuti dalla fine(IBU 1).

BOIL 
60 Minuti

LIEVITO
Wyeast Belgian Abbey Ale n.1214

FERMENTAZIONE
Inoculo del lievito a 20°C, fino ad arrivare a 24°C nei successivi 10 giorni. Fermentazione secondaria  tra 1 e 2 °C, per una durata di due settimane.

Durante la cotta si beve birra, con l'apprendista birraio

Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.

venerdì 16 febbraio 2018

Kveik e la confusione brassicola


Parte della rubrica Farmhouse Ale
Non è una birra, è solo lievito!
"I'm really happy to hear you want to spread the knowledge
 about true farmhouse ale"
Lars Marius Garshol, in un suo messaggio.

La confusione può essere realmente tanta se si parla di Norwegian Farmhouse (per saperne di più chicca qui), non si riesce chiaramente a capire quali e quanti stili raggruppa, sommata al caos legato al nome, lo scompiglio è inevitabile. Dunque, prima di iniziare qualunque produzione, ho cercato di apportare al blog nuove informazioni e una visione dei fatti più nitida, grazie soprattutto all'aiuto di Lars Marius Garshol.

In Norvegia era uso comune chiamare øl Maltøl (birre al malto) tutte le birre prodotte. Dunque con questo presupposto, se si vuole indicare le birre norvegesi si potrbbe semplicemente dire øl Maltøl o øl Maltøl farmhouse ale, mentre la realtà è molto differente. Passando da øl Maltøl a Norwegian Farmhouse Ale, siamo sicuramente abituati a pensare che dopo tutto un nome vale l'altro, la praticità giustifica anche l'abuso storico. Inoltre, come se tutto ciò non bastasse, queste stesse birre sono erroneamente conosciute anche con il nome di Kveik (per saperne di più clicca qui).

In questo particolare periodo, la parola Kveik è abbastanza conosciuta anche in Italia. Possiamo tranquillamente dire che viene considerata una nuova moda, anche se pochi sono a conoscenza che non si tratta di uno stile di birra. Chiamiamola semplicemente confusione brassicola. Invece sarebbe più opportuno sapere che Kveik non è una birra ma il solo lievito.

Il kveik non è una singola coltura di lievito cresciuta in un laboratorio, si tratta di colture miste che si sono adattate al tempo e alle condizioni di ogni fattoria.

Sono lieviti non convenzionali, riutilizzati nelle fattorie per generazioni, differenti ma geneticamente simili, utilizzati per fermentazioni rapide (possono bastare anche solo 2 giorni) a temperature molto alte (fino a 37 °C) diversamente dai classici ceppi di Saccharomyces. Nonostante le alte temperature di fermentazione, le birre non presentano aspetti fenolici e sono in grado di produrre una buona attenuazione  e un'altrettanta flocculenza.


La parola più usata in Norvegia, riferendosi al lievito, è YeastKveik viene utilizzato essenzialmente nella parte occidentale e meridionale, mentre in quella orientale, per i pochi possessori di lievito, viene usata la parola Gong. Un ulteriore distinzione di nome viene fatta per i lieviti commerciali, chiamati Gjær.

La lista dei miei kveik

#1 Sigmund Gjernes Voss produce un esclusivo profilo di buccia d'arancia e spezie natalizie.

#5 Hornindal è una miscela di ceppi Saccharomyces cerevisiae che esalta il luppolo, producendo un intenso sapore e aroma tropicale (note di ananas fresco, mango e mandarino). 

#9 Ebbegarden Stordal se usato correttamente può produrre un potente aroma di frutta tropicale.

#15 Nornes Voss informazioni insufficienti

#16 Julius Simonaitis produce un sentore di acidità agrumata e moderata pesca, con note speziate e fenoliche.

#38 Aurland Informazioni insufficienti


lunedì 12 febbraio 2018

Berliner Weisse (produzione)

Un nuovo metodo per inacidire la birra
in maniera sicura, facile e veloce.


Il mio percorso tra le birre acide continua senza alcuna sosta, le idee sono ancora troppe per fermare questa mia curiosità produttiva. Nonostante gli impegni, lavorativi e familiari, ho trovato il tempo di brassare la mia prima Berliner Weisse. Una birra di frumento a bassa gradazione, con una spiccata acidità lattica, rotonda e piacevole.

"Tutti noi abbiamo bisogno di credere in qualcosa: io credo che tra poco mi farò una birra"
Homer Simpson

Sicuramente non si tratta di una birra particolarmente complessa. Tra le mura di casa può essere realizzata in modo del tutto semplice, grazie a differenti produzioni e alcune  possibili scorciatoie (mentre, per quanto riguarda il metodo storico di produzione di una Berliner Weisse, mi riservo di fare un nuovo post).

Tramite Acido Lattico
Questo metodo consiste nell'aggiungere acido lattico, a fine fermentazione, durante la fase di priming. Teoricamente risulta una tecnica valida per ottenere molta acidità nella birra ma personalmente non la ritengo una valida produzione.

Tramite Malto Acidulato
Utilizzando malto acidulato (ottenuto con l'aiuto di acido lattico in lavorazione) nell'ammostamento, circa il 15%, si può ottenere teoricamente discreti risultati. Personalmente risulta la tecnica più facile e meno invasiva, ma non la ritengo una valida produzione, eccezion fatta per i novizi.


Kettle Souring o Sour Worting
(tramite cultura di lactobacilli)
Una tecnica molto utilizzata, nell'homebrewing e tra i birrifici commerciali, sicuramente molto innovativa. Tramite l'impiego di una cultura di lactobacilli si ottiene un mosto acidificato, senza preoccuparsi di possibili contaminazioni della strumentazione. In poche parole, questi stessi batteri vengono eliminati prima di arrivare alla fermentazione, durante il processo di bollitura. Personalmente la ritengo l'alternativa ideale al metodo storico, di produzione. La presunta semplicità della birra e un escamotage di produzione, mi hanno portato a trascurare totalmente l'aspetto tradizionale. Dunque, per ottenere l’acidificazione del mosto, ho deciso di provare in prima persona questa produzione, utilizzando solo batteri lattici.
Progetto
Punto della Situazione

L'idea è stata quella di utilizzare il 55% di Pilsner e il 45% di Frumento maltato. Durante l'ammostamento, per ottenere un mosto più fermentabile ho preferito fare uno step a temperatura di 63/64 °C. Inoltre, ho cercato di abbassare ulteriormente il ph (5,2) per garantirmi una buona acidificazione finale, compresa tra 3,2 e 3,7. Il successivo mash out, a 78 °C per 10 minuti, è risultato anche utile verso l'eliminazione di possibili microrganismi presenti.

FERMENTABILI
55% Pilsner
45% Frumento maltato

AMMOSTAMENTO
63/64 °C fino a conversione
Mash out a 78 °C per 10 min.

Importante: Nel caso dell'utilizzo di serpentina di raffreddamento, trovo che sia indispensabile immergere anche la serpentina durante il mash out, per evitare ulteriori fonti contaminanti.

Inoculo della coltura
Finito l'ammostamento e il successivo raffreddamento del mosto, per raggiungere i 30/35 °C temperatura  ideale per i batteri lattici utilizzati (coltura Pediococcus Pentosaceus), sono passato alla fase di acidificazione tramite lactobacilli. Ho inoculato i batteri, precedentemente reidratati per 10 minuti in 100 ml di acqua (in precedenza bollita e raffreddata), e chiuso il coperchio della pentola. Utilizzando una pellicola per alimenti ho cercato di sigillare i possibili spazi, in moda da evitare l'entrata di altro ossigeno.


Per velocizzare i tempi di acidificazione, nonostante la certezza della crescita dei batteri a temperatura ambiente, ho voluto inocularli a 35 °C e controllare la successiva temperatura a 30 °C. Per il mantenimento di questa temperatura ho utilizzato un termostato (Inkbird ITC-308S) e un una fascia riscaldante. Inoltre per precauzione ho limitato i controlli di ph, monitorando parzialmente i livelli di acidità e il lavoro svolto dagli stessi batteri, evitando il contatto con l'ossigeno.


Il mosto è stato acidificato, arrivando al valore di ph 3, in sole 15 ore senza rilasciare evidenti off-flavours ma solo un morbido aroma lattico.

BOIL
60 minuti

Dopo la fase di acidificazione, con il raggiungimento del target previsto, sono passato alla bollitura. Ho preferito optare per una bollitura vigorosa di 60 minuti per evitare il DMS, senza preoccuparmi della possibile evaporazione della complessità aromatica dovuta alla fermentazione lattica. Mi sembra superfluo scrivere che  la fase di bollitura sia servita anche a sterilizzare il mosto, prima della fermentazione alcoolica.

LUPPOLO
Hallertau Hersbrucker
L'apporto del luppolo è minimo, viene impiegato principalmente per l'amaro, in un’unica gittata (3-8 IBU). Storicamente andrebbe utilizzato luppolo direttamente durante il mash ma nel mio caso ho preferito diversamente. Dunque ho utilizzato l'Hallertau Hersbrucker, ad inizio bollitura, per ottenere un IBU con valore 5.

LIEVITO
Fermentis Safale US-05
Generalmente viene consigliato un lievito neutro, non sono richiesti aromi particolari. La mia decisione è stata quella di utilizzare il Safale US-05, della Fermentis. Vista la particolare fermentazione di un mosto molto acido, ho dovuto aumentare la quantità di lievito (overpitching) inoculando una busta per 10 litri di mosto (OG 1.029). Ho successivamente controllato la temperatura a 20 °C.

Il progetto Berliner Weisse non si ferma, 
va avanti, anzi raddoppia.
L'idea è quella di produrre due versioni, sperimentando anche l'aggiunta di frutta. Voglio ottenere una Berliner Weisse classica e una ai lamponi.


Allarme lamponi e frutti di bosco
Ho potuto notare allarmismo verso l'utilizzo di lamponi o frutti di bosco. In poche parole, qualche anno fa sono scattati diversi allarmi per la presenza di contaminazioni in questi frutti. I contaminanti presenti in quei casi sono il virus dell'epatite A e il Norovirus. Nonostante tutto, a distanza di anni il problema si è ripresentato. Dunque, in caso di utilizzo di lamponi o frutti di bosco commerciali (congelati) sarebbe opportuno lavarli e utilizzarli dopo una ebollizione di almeno 2 minuti.



Nel mio caso, ritengo questa procedura inutile perchè ho personalmente lavato e congelato i lamponi. Tuttavia ho previsto una pastorizzazione del frutto (80 °C), per evitare possibili contaminazioni da lieviti selvaggi, nella birra finita.

...in fermentazione, presto nuovi aggiornamenti!

Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.