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domenica 29 agosto 2021

Quanta confusione sui Kveik!

Con la fine dell'estate e la dolce tristezza degli ultimi giorni d'agosto, è arrivato il tempo di bilanci, nuovi propositi e soprattutto di riflessioni. Purtroppo come ben sapete, non è stata la mancanza di interesse che mi ha portato lontano dalle attività Casalingo Brassicole. Ho cercato di seguire in silenzio le varie dinamiche interne a questo bellissimo mondo.

Oggi non sono qui per scrivere le mie considerazioni su argomenti che non appartengono o per lo meno restano distanti dalle tematiche riportate in questo blog. Per lo stesso motivo non posso evitare una riflessione su altrettanti argomenti affrontati largamente sui miei spazi online.

Allora, parliamo di kveik. Sarà per il caldo estivo, sarà per la voglia di fare birra durante i mesi più caldi,  ma sta di fatto che la confusione con l'utilizzo dei lieviti kveik è stata realmente tanta. Proprio per questo cercherò di fare chiarezza sugli sbagli visti online, sui dubbi e l'incertezze,  di chi mi ha contattato privatamente.


1. Chiamiamo le cose con il loro nome
il lievito non è la birra e la birra non è il lievito!

Oggi la parola kveik è molto conosciuta ed apprezzata, diversamente dal periodo in cui iniziai a studiare questi lieviti. Eppure, l'interesse legata ai kveik non ha colmato del tutto la percezione degli appassionati. Anzi, troppo spesso sono rimasti spiazzati e poco preparati per gestire una buona fermentazione. Infatti, in questo lungo intervallo dall'homebrewing ho potuto assistere all'inverosimile. Ho creduto persino che ci fosse una vera e propria rivoluzione birraria in atto.

Dalle American Pale Ale fino alle innumerevoli India Pale Ale, diventate rispettivamente Kveik APA e Kveik IPA. Per non parlare dell'accozzaglia di nomignoli con cui si accompagnano le pseudo Lager e Pilsner. Mi chiedo come sia stato possibile che nessuno abbia pensato mai ad una birra chiamata US 05 India Pale Ale o ad una più esaltante BF16 Pilsner. Nel 2021 sembra che la parola "kveik" faccia ancora figo.

2. Commerciali e Tradizionali
non sono propriamente la stessa cosa!

Ceppo Singolo vs Coltura Mista

Troppo spesso non si conosce la differenza tra i lieviti kveik disponibili in commercio e quelli tradizionali, con la conseguenza convinzione che le due tipologie siano la stessa identica cosa. Queste due forme di lievito condividono lo stesso nome e molte delle proprietà peculiari che li caratterizzano rispetto alle altre tipologie di lieviti. Eppure siamo di fronte a due possibili scenari fermentativi. 

Le forme di Kveik Tradizionali non sono colture di lievito cresciute in un laboratorio, si tratta di complesse colture miste che si sono adattate nel tempo alle condizioni di ogni fattoria. Questi lieviti non sono convenzionali, sono ceppi differenti, geneticamente simili, riutilizzati nelle fattorie Norvegesi per generazioni. Le colture miste sono state selezionate negli anni, tramite esperienze dirette dei proprietari originari. In alcuni casi possono contenere anche batteri. 

Le forme di Kveik Commerciali sono formate da un singolo ceppo di lievito isolato (derivanti da coltura mista di kveik tradizionale). In laboratorio questi ceppi vengono isolati alla ricerca del ceppo kveik più interessante in base ai criteri dettati dall'azienda. In alcuni casi sono stati isolati e successivamente miscelati tra ceppi di colture diverse. L'obiettivo dell'azienda è quello di creare un prodotto vendibile, che spesso può coincidere con esigenze fermentative poco caratterizzanti, con un ampio range di temperatura e un processo fermentativo breve. Chiaramente, tutto ciò è frutto della mia idea personale, in base alle innumerevoli prove realizzate con questi lieviti e quelli tradizionali.

3. Una simbiosi del tutto straordinaria
a discapito della sicurezza fermentativa.


Le domande che si sono ripetute per innumerevoli volte sono senza dubbio due:

"Quanti grammi di kveik serve inoculare?"
Premesso che non esiste un quantitativo certo, visto che le condizioni di un lievito vengono condizionate da troppe variabili. In questo caso ogni campione dovrebbe essere valutato singolarmente, aspetto che vale per ogni tipo di lievito. Nonostante ciò, credo che un giusto compromesso per fermentare 25 litri di mosto possa essere quello di utilizzare 10 gr di lievito secco commerciale o 5 gr di lievito tradizionale.

"Perchè  questa differenza?"
Il motivo è semplice, le due forme di lievito hanno un diverso impatto sulla fermentazione. La coltura tradizionale funziona in una simbiosi del tutto straordinaria, dove in alcuni casi anche i batteri possono essere parte attiva. Tutto ciò, non viene supportato da una ricerca di laboratorio che ci possa dire come tutto questo possa avvenire. Resta il fatto che i ceppi commerciali mantengono inalterate molte delle caratteristiche tipiche di una coltura tradizionale, ma non riescono a conservare la stessa velocità di fermentazione, la flocculazione, l'apporto di sapore ed aroma, nella birra finita. Ciò non toglie che l'utilizzo di ceppi isolati in laboratorio sia un'esperienza altrettanto interessante e sicuramente più sicura.

4. L'essiccazione sfugge al controllo
di chi non ha conoscenza.

Una delle tante attività affascinati che ci regala l'esperienza con i lieviti kveik e sicuramente l'essiccazione e la successiva conservazione. Ma la popolarità di questi lieviti ha spinto troppe persone verso essiccazioni estreme e poco giustificabili. In passato questi lieviti venivano conservati e utilizzati poche volte l'anno (spesso per feste e celebrazioni), mentre l'essiccazione avveniva tramite calore a temperature ambientali generalmente fredde. In queste condizioni la presenza di batteri era parzialmente limitata, salvaguardando maggiormente le colture da possibili contaminanti. Diversamente da ciò che accade nelle nostre case, dove i lieviti vengono utilizzati per innumerevoli fermentazioni e conservazioni, aumentando notevolmente i rischi di contaminazioni.

Basti pensare che mi è stato addirittura chiesto (ad inizio agosto) se era fattibile essiccare il kveik all'aperto, visto il tanto caldo estivo. Non fatelo neanche per scherzo!

Queste colture funzionano sorprendentemente bene, ma ricordatevi che l'utilizzo dopo un processo di essiccazione è sempre un rischio poco calcolabile, soprattutto se l'essiccazione del lievito sfugge ad ogni controllo!

venerdì 7 agosto 2020

Maltare l'orzo in Casa | Video

.Fai da te.
La trasformazione dell'orzo in malto è importante 
almeno quanto la birrificazione stessa.


La maltazione è molto impegnativa e richiede molta attenzione se si vuole ottenere un ottimo prodotto finito. Difficilmente questo processo viene realizzato tra le mura di casa. Proprio per questo, troppo spesso erroneamente è considerato al di fuori della portata di noi semplici Casalingo Brassicoli.

🍻 Sul blog trovi il post inerente al video cliccando qui

venerdì 10 maggio 2019

Alcune precisazioni doverose sui Kveik

Parte della rubrica Farmhouse Ale
Colture di Lieviti Tradizionali
"I'm really happy to hear you want to spread the knowledge
 about true farmhouse ale"
Lars Marius Garshol, in un suo messaggio.

Questa mattina mi è stato chiesto un chiarimento sulla gestione  dei lieviti kveik, durante il processo fermentativo, avendo notato risultati contrastanti nell'utilizzo.


Premesso che le esperienze personali sono per me sacre, giuste o sbagliate che siano, ma in questo caso mi sento di fare qualche precisazione a tutela di ciò che viene riportato sui kveik. 

Se si parla di kveik (per saperne di più clicca qui) come colture miste e non certo come singoli ceppi isolati, bisogna capire che ogni riproduzione deve essere il più fedele possibile a quella originaria. Svein Arild Skjæveland è una delle persone con più campioni di kveik, tramite semplici rimborsi economici esegue spedizioni anche in Italia. Questa persona risulta un'ottima risorsa per chi volesse avere un contatto con questi lieviti, anche senza avere delle conoscenze dirette per reperire queste colture direttamente dai proprietari. La difficoltà maggiore con questi campioni risiede nella disponibilità limitata che arriva nelle vostre case, si parla di poco più di 1/2 ml di kveik.

Campioni di kveik spediti generalmente in Italia
Riprodurre una coltura da questi campioni non è facile, non si tratta di semplici starter, ci sono molteplici variabili per ottenere una riproduzione coerente con quella originaria. Proprio per questo se non si hanno le basi primarie è più facile ottenere una coltura totalmente differente da quella originaria, dunque non parliamo più di kveik ma evidentemente di tutt'altra cosa. 

Detto questo, non credo che questo aspetto sia del tutto trascurabile se la valutazione dei kveik viene fatta partendo da questi campioni. Troppe variabili in gioco per ottenere qualcosa di realmente simile alla coltura originale.

Malgrado ciò, concediamo il beneficio del dubbio. Ammesso che ci troviamo di fronte a delle esperienze con colture kveik originali (ripeto, se bene ci siano molteplici difficoltà) è utile sapere che  ogni coltura deve essere valutata singolarmente, nonostante l'ampio range di temperatura che presentano in fermentazione.

Kveik con Batteri Lattici
Ogni kveik ha una diversa temperatura di inoculo e di fermentazione, variabili da 28 °C fino ad arrivare addirittura a 43 °C. Da questi valori si può tranquillamente capire che non possiamo trattare questi lieviti come se fossero un'unica coltura. Non si fa di tutta l'erba un fascio! Per quanto riguarda la quantità di inoculo, vada per un quantitativo visivo e quantificabile in base all'esperienza. Tuttavia i gr devono avere un riferimento anche in volumi altrimenti è poco utile.

Una fermentazione ottimale con l'aggiunta di nutrienti termina generalmente in 3/4 giorni. Arrivare a 7/8 giorni per imbottigliare non fa altro che aumentare il rischio di stratificazione del lievito, trovandosi senza lievito in rifermentazione.

Nonostante ciò diverse persone mi hanno detto di aver rifermentato anche dopo 10 giorni di fermentazione con successo, senza problemi di stratificazione. La mia risposta è stata: <<sicuro di avere solo ceppi kveik?>>. Ripeto, la riproduzione iniziale di una coltura kveik deve essere eseguita in modo ottimale altrimenti stiamo valutando tutt'altra cosa.

Una corretta rifermentazione in bottiglia con queste colture avviene in 3/4 giorni, se dovesse impiegare più tempo potremmo trovarci difronte ad un campione diverso da quello iniziale. In tal caso in bottiglia non si avrebbero ceppi kveik ma altri lieviti.

L'ultima considerazione riguarda la raccolta dei kveik. Queste colture vanno raccolte come da tradizione, rigorosamente dalla parte alta o dal basso, nei tempi e nelle modalità suggeriti dai vecchi proprietari. Senza tali informazioni suggerisco di non comprare queste colture, avere una ferrari e non sapere come comportarsi non è una cosa saggia.

Se queste colture non rispondono per come dovrebbero bisogna valutare le possibili cause. Potrebbe essere anche solo un deficit di utilizzo (temperatura di fermentazione e mancanza di nutrienti) ma principalmente ritengo di ricercare il problema nelle molteplici fasi di riproduzione della coltura.

Vi saluto ricordandovi che non serve avere 50 kveik ma è sufficiente una sola coltura originale (essiccata dai proprietari) e una disponibilità adeguata, per  valutare al meglio questi straordinari lieviti.

martedì 8 gennaio 2019

Mescolando Kveik e Brett

Birra Ibrida
Una Fermentazione Estranea
"Il modo migliore per fare una cosa è farla."
Amelia Earhart


Kveik, Brett, Maltøl e Lambicchi l’ha detto che non si può? Una birra che farà storcere il naso ai puristi. Serviva una mente folle per questo progetto e io, modestamente, lo nacqui! Ci sono sistemi per guarire la follia, ma non ne esistono per raddrizzare una mente contorta come la mia.

Un progetto sperimentale per una birra ibrida, al confine tra la tradizione norvegese e quella belga, dove si osa, si rompono gli schemi dei due mondi per creare qualcosa di nuovo. Pensata e voluta dallo scorso anno, finalmente ho trovato il tempo di provare questa mia nuova idea di produzione.

Progetto
Sviluppo
Non siamo in Belgio o in Norvegia ma a Villapiana (CS)
La mia visione iniziale è stata quella di cuocere una birra ottenuta tramite un infuso di ginepro, il 60% di Pilsner e il restante 40% di Frumento (non maltato). In breve, ho previsto un Turbid Mash e una successiva fermentazione tramite Kveik (#9 Ebbegarden Stordal) e Brettanomyces. Una prima fase di fermentazione è avvenuta sfruttando la coltura kveik (con presenza di Lactobacillus) per abbassare il ph nelle prime 10/12 ore. Seguentemente al ph previsto ho inibito i batteri con l'aggiunta di 1,5 litri di mosto luppolato (per ottenere 10 IBU totali), lasciando campo libero al lavoro dei lieviti kvaik.

Al termine di questa prima fase di fermentazione (tre giorni) ho inoculato i Brettanomyces (precedentemente recuperati da un pezzo di legno, per saperne di più clicca qui). Dopo 8 mesi ho imbottigliato evitando il priming, mentre in una restante parte della birra ho aggiunto frutta, con due diverse aggiunte per stabilire l'apporto più opportuno.

Infuso
Ginepro

Vengono usati solo i rami e le punte di ginepro. Per ottenere una buona indicazione iniziale potrebbe essere utile partire da una quantità non troppo eccessiva, 1,5 gr/litro di rami per un gusto evidente ma delicato.

FERMENTABILI
60% Pilsner
40% Frumento (non maltato)


AMMOSTAMENTO
Turbid Mash
E' un metodo complesso usato storicamente per la produzione del Lambic, in Belgio. Una tecnica che permette al mosto di avere zuccheri semplici e una quantità di amidi non convertibili dai saccaromiceti, utili come nutrimento per gli altri microorganismi presenti.


BOIL
No Boil
La decisione di non bollire il mosto è il giusto rispetto per la tradizionale tecnica norvegese Råøl (per saperne di più clicca qui). Mentre il mosto si stava raffreddando per arrivare alla temperatura di inoculo del lievito, ho eseguito il trasferimento dalla vasca di fermentazione mettendo da parte  1,5 litri (in congelatore, da utilizzare per inibire successivamente i Lactobacillus). 

LUPPOLO
No

LIEVITO
Kveik Hornindal + Ebbegarden Stordal (primaria)
Brettanomyces(secondaria)
Per quanto riguarda la coltura di fermentazione ho deciso di usare l'Ebbegarden nella prima fase, mentre i Brettanomyces in secondaria. Questa prima coltura mista di Ebbegarden, proviene da  Jens Aage Øvrebust ma è stata raccolta da William Holden. Generalmente l’inoculo avviene a 28 °C, se usata correttamente può produrre un potente aroma di frutta tropicale ma la presenza batterica (Lactobacillus) potrebbe portare facilmente a derive acide. Mentre la coltura di Hornindal è una miscela di ceppi Saccharomyces cerevisiae che esalta il luppolo in aroma, producendo un intenso sapore e aroma tropicale (note di ananas fresco, mango e mandarino). I Brettanomyces sono stati isolati in un mio precedente progetto, recuperati da un pezzo di legno (per saperne di più clicca qui).


FERMENTAZIONE
Come da indicazioni ho inoculato a 28 °C Hornindal + Ebbegarden Stordal (in primaria), lasciando il fermentatore in camera di fermentazione, senza un controllo verso le alte temperature. I kveik sono gli unici lieviti capaci di gestire il processo essiccativo. Nonostante ciò, escono dall'intero processo con una vitalità relativamente bassa. Questi limitati livelli di Carica Vitale e Vitalità vengono rovesciati in brevissimo tempo, dopo l'inoculo. Inoltre è stato dimostrato che una buona fermentazione utilizzando kvaik viene favorita dall'underpitch, questi livelli molto bassi fanno emergere ancora di più il carattere del lievito e la sua forza prorompente. Dunque, parlare di Carica Vitale e Vitalità con i kveik non la ritengo una cosa indispensabile come avviene diversamente per i lieviti tradizionali. Mentre è indispensabile usare sempre nutrienti perchè i kveik fanno difficoltà ad ottenere i giusti nutrienti di cui hanno bisogno. Nel mio caso, in presenza di una miscela kveik #5 Hornindal (con inoculo consigliato a 30°C) e #9 Ebbegarden Stordal (con inoculo consigliato a 30°C), ho preferito inoculare alla temperatura più bassa (28 °C), reputando i batteri presenti nell'Ebbegarden Stordal molto più prepotenti di quelli che sono presenti nell'Hornindal.

Inoculo Hornindal + Ebbegarden Stordal in un litro di mosto
20 minuti dopo l'inoculo del kveik
1 ora dopo l'inoculo del kveik
8 ore dopo l'inoculo nel mosto.


Durante i diversi controlli, l'aumento di temperatura dovuto al processo fermentativo è arrivato fino a 31 °C. 

15 ore / ph 3,6
A 15 ore dall'inoculo il ph è sceso a 3,6. Per inibire l'attività dei batteri basta avere un mosto con un IBU di 10. L'Ebbegarden tende ad amplificare l'amarezza del luppolo bollito, ciò nonostante non ritengo questo valore preoccupante. Detto questo, sarebbe opportuno evitare IBU superiori a 15, per non avere problemi con l'amaro, ma anche un'eccessiva riduzione delle stesse IBU  per non rischiare derive acetiche. In Norvegia non sarebbe un problema lo scarso uso di luppolo, le birre vengono spesso bevute molto velocemente e conservate al freddo.

LUPPOLO
Saaz (in 1,5 litro di mosto per arrivare ad IBU 10 totali)

Dopo l'aggiunta del mini mosto luppolato ho lasciando il tempo di terminare il lavoro dei kveik.


Travaso
Al termine della fermentazione (in soli tre giorni) ho travasato e inoculato i Brettanomyces sui 18°C, lasciando il tutto a temperatura da cantina (circa 14/16 °C). Potevo evitare il travaso per la presenza dei Brettanomyces, i quali favoriscono la metabolizzazione dei nutrienti presenti nel lievito in autolisi. Teoricamente dopo un'intera fase di fermentazione, con lo stesso fermentatore, i Brettanomyces si nutrono proprio di queste cellule (quando non sono più presenti destrine) formando dei sottoprodotti. Nonostante ciò, ho deciso di fare ugualmente il travaso senza rinunciare al loro apporto, i Brettanomyces possono crescere e formare sottoprodotti anche senza lievito in autolisi, ma in maniera meno incisiva.


Kveik Kveik Hornindal + Ebbegarden Stordal recuperato ed essiccato.

A distanza di 8 mesi, ho diviso la birra per dedicarne una parte per l'aggiunta di frutta, mentre la restante parte è stata imbottigliata (vedi foto qui sotto).

Sour Ale utilizzando Kveik e Brett
Questa Sour Ale presenta sentori fruttati al naso, con sentori citrici più pungenti. L'acidità risulta elegante anche al palato, con fresche note fruttate e citriche, bilanciate da sentori terrosi e di cantina.


Ho voluto utilizzare le albicocche come frutto, in due diverse aggiunte a distanza di 1 mese, per stabilire l'apporto più opportuno. Le aggiunte di frutta sono avvenute mediante la macerazione delle albicocche precedentemente congelate, di cui il 50% denocciolate.


Sour Ale alle albicocche
Questa versione Sour Ale alle albicocche presenta sentori fruttati al naso, con note di albicocca e sentori citrici più pungenti. Con un'acidità gentile risulta elegante anche al palato, con fresche note fruttate e citriche, bilanciate da sentori terrosi e di cantina.

Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.

sabato 17 novembre 2018

Per gli amici del fai da te: Maltazione

.Fai da te.
La trasformazione dell'orzo in malto è importante 
almeno quanto la birrificazione stessa.
Dopo essere passato alla birrificazione con il metodo All-Grain, mi incuriosiva molto la possibilità di maltare l'orzo in casa. Dopo diversi tentativi e discreti risultati, ho deciso di non occuparmi più della maltazione casalinga. Stranamente, dopo diversi anni mi ritrovo a scrivere proprio un post sulla Maltazione. Questo cambiamento è stato dovuto allo studio e alla pratica  delle birre Norvegesi, Norwegian Farmhouse Ale (per saperne di più clicca qui), dove l'utilizzo del proprio malto è una componente molto comune.
L'orzo è il principale cereale per la produzione della birra. Ottenuto dalle cariossidi dell'Hordeum vulgare (Graminacee), si tratta di una delle piante più anticamente coltivate, dal Neolitico. Nel nostro caso è indispensabile sapere le due differenti varietà, esastico e districo, i quali si riferiscono al numero di semi sulla spiga.

Esastico
In questa varietà i grani si presentono con file tutte intorno alla spiga. La maltazione di questo tipo di orzo produce meno estratto ma contiene molti enzimi, utili per favorire la conversione degli amidi in zuccheri. Quest'ultimo aspetto rende questa varietà utile, nella produzione di birre, dove vengono impiegati molti cereali non maltati.
Distico
In questa varietà i grani si presentono in una singola fila e su entrambi i lati della spiga, con una forma fortemente appiattita (definita “two-row”). Questa varietà risulta con un maggiore rendimento, con chicchi più grandi e un contenuto di azoto, proteine inferiori e glume più piccole. Risulta l'orzo preferito per la brassazione, in quanto più idoneo per caratteristiche e con una certa regolarità in maltazione.

MALTAZIONE


La maltazione è molto impegnativa e richiede molta attenzione se si vuole ottenere un ottimo prodotto finito. Difficilmente questo processo viene realizzato tra le mura di casa. Troppo spesso è considerato al di fuori della portata di noi semplici Casalingo Brassicoli, mentre con una consapevolezza maggiore si possono favorire nuovi scenari, nella produzione delle proprie birre.

Tra i vari passaggi che consentono questa trasformazione ci sono:
a. Pregerminazione.
b. Germinazione.
c. Essiccamento

Pregerminazione
Pulizia con Bagnatura
Prima di procedere con i vari passaggi bisogna pesare i grani in modo da valutare in seguito se lo stesso sia realmente asciutto, dunque privo di acqua. Ottenuto il risultato del peso, conservate il valore o semplicemente ricordatelo. Fatto questo è possibile passare alla pulizia dei grani, rimuovendo eventuali rifiuti residui della raccolta. Questo passaggio risulta abbastanza facile in acqua, perchè questi stessi rifiuti restano in superficie diversamente dai grani. E' sufficiente versare dell'acqua in un recipiente con al suo interno i grani, mescolare e aspettare che i grani vadano a depositarsi nuovamente sul fondo, eliminando i rifiuti in superficie possibilmente con un cucchiaio con setaccio.

Metodo Aerato
Germinazione 
Bagnatura dei Grani
In realtà esistono due principali metodi per questo processo di germinazione, aerato e non aerato. In quello non aerato vi basterà lasciare i grani in acqua per una piena idratazione. Mentre con il metodo aerato bisogna lasciare i grani in acqua tra le 12 e le 24 ore, in un contenitore, utilizzando un meccanismo di ricircolo dell'acqua o una più semplice pompa da acquario con relativa pietra porosa. Personalmente faccio questo passaggio tramite una  bagnarole grande collegata ad un motore filtro da piscina. Il tutto deve essere realizzato con acqua a temperatura bassa, possibilmente non superiori ai 10 °C. Per evitare ulteriori passaggi durante il cambio dell'acqua, immergo i grani in un sacco grosso da cereali evitando di riempirlo, in modo da lasciare un discreto spazio al suo interno. Per una piena idratazione i grani a fine bagnatura dovranno avere un peso del 50% in più ed un'espansione di circa il 150%, rispetto al volume iniziale.


Germinazione
Subito dopo la piena idratazione bisogna filtrare al meglio i grani e lasciarli al buio, a circa 10 °C. La temperatura dovuta al processo di germinazione non deve superare i 20 °C, preferendo un range tra i 15 e i 18 °C. Per evitare che i grani si possano seccare troppo e soffocare per la troppa anidride carbonica (aumentando cosi anche la temperatura) è indispensabile girarli frequentemente. A circa tre giorni di germinazione le radichette inizieranno la crescita (germoglio o acrospira). Con una crescita del germoglio fino a tre quarti della lunghezza del chicco, i grani possono essere passati all'essiccazione.

Essiccazione
Il malto può essere considerato asciutto quando torna al peso originario. Questo processo deve essere fatto ad una temperatura iniziale non superiore ai 38 °C, differentemente dal metodo di utilizzo. Durante questo processo possiamo alzare la temperatura per ottenere un malto base Pale (tra i 49/66 °C). I tempi dell'intero processo essiccativo possono variare dalle 12 alle 24 ore. A processo finito le radichette secche vanno eliminate tramite sfregamento o setaccio.

Tostatura
L'eventuale tostatura deve avvenire in tempi e temperatura differenti, per ottenere i malti speciali desiderati. Nel cercare di creare malto che sia abbastanza uniforme, utilizzando una teglia da forno, non andate oltre i 2 cm di spessore. Tipo: malto Munich a 105 °C per circa 4 ore; Vienna tra 102/107 °C per circa 3 ore e Biscuit a 178 °C per 10/15 minuti.

Essiccazione al sole

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"Ho imparato molto dal malto di più sull'analisi del malto lavorando con malto danneggiato rispetto a quando va tutto bene".
Andy Farrell, Bell's Brewery

Malto a Confronto


In molte discussioni, sui vari forum e pagine facebook, emergono con una certa frequenza diverse domande sulla maltazione casalinga e la stessa utilità nell'utilizzo in ambito produttivo. Anche per questo ho deciso di ottenere dei riscontri pratici, su basi del tutto personali, mettendo a confronto dei malti commerciali e il mio personale malto auto-prodotto. Consapevole del fatto che solo con malti di qualità si ottengono birre di qualità.

Per i lettori più curiosi di conoscere il mio personale processo di maltazione casalinga, basta cliccare qui.


Il malto è l'anima della birra, fornisce molte delle caratteristiche chiavi che definiscono una birra. Il primo aspetto da considerare dovrebbe essere quanto l'estratto fermentescibile sarà presente nel mosto, visto che si tratta di un aspetto direttamente correlato al contenuto alcolico del prodotto finito. Mentre il secondo aspetto riguarda l'estratto non fermentescibile, il quale apporta il gusto e il corpo della birra. Il rapporto tra gli zuccheri fermentescibili e non fermentescibili influenza la secchezza o meno della stessa birra. Detto questo, non tutti i malti hanno i giusti elementi per ottenere un mosto idoneo per nutrire il lievito, durante il processo fermentativo. Solo i malti base presentano queste caratteristiche, fornendo amidi, enzimi, FAN (azoto amminico libero), vitamine e oligominerali. I malti base sono la percentuale più alta dei grani utilizzati per la produzione delle birre. Generalmente questi grani rilasciano nel mosto un potenziale dell'80%, dalla propria massa secca.

Esempio
100 gr di Malto / Rilascio 80% circa
N.B. il malto contiene il 4% di acqua
(100 gr - 4%)= 96 gr/ Rilascio 76,8 gr di estratto in condizioni ideali.

Durante il processo di ammostamento, l'acqua a temperatura prestabilita assorbe l'estratto solubile dai grani, modificando la stessa densità dell'acqua, ottenendo il mosto finito. Questa densità viene misurata in Plato (°P).

14 °P = 14 gr (di saccarosio) +  86 gr (d'acqua)

L'estrazione è solo una dei tanti parametri che possono essere analizzati durante il processo di birrificazione. Mentre il sapore risulta più difficile da gestire e poco quantificabile in ugual misura, anche per questo il mio obiettivo si è focalizzato maggiormente sull'estrazione. Nonostante ciò vi riporto il mio metodo sensoriale.

Metodi Sensoriali
Per effettuare la valutazione dei sapori e aromi, estraibili dai vari malti, ho sempre usato un metodo molto diffuso ed estremamente semplice. In poche parole, si mette qualche chicco in bocca e si mastica. Tuttavia, masticare dei chicchi interi, teoricamente potrebbe influenzare negativamente la percezione dei sapori di malto estraibili. Questa tecnica risulta però indispensabile anche nella valutazione della conservazione del malto. La presenza di umidità, raccolta dal malto, porterà sempre più nei chicchi una scarsa o inesistente  croccantezza. Detto questo, in realtà esistono tecniche di malto sensoriali più complesse e presumibilmente migliori, come il Congress Mash.


Congress Mash
Si tratta di una tecnica di mashing, su piccola scala standardizzata, sviluppata per effettuare la valutazione della qualità sensoriale di malto estraibile, sapori e aromi (American Society of Brewing Chimici). Riprodurre questa tecnica, tra le nostre mura di casa, non risulta essere molto semplice. Vista la difficoltà di realizzazione ho preferito non aggiungere ulteriori dettagli.

Metodo a Caldo (rapido)
Diverso tempo fa, ho notato un ulteriore tecnica, veloce, facile ed economica (metodo progettato dai tecnici Briess). La mia curiosità mi ha portato a provare questa nuova esperienza, anche se a distanza di diverso tempo.


Reagenti
Malto (in chicchi) 
Acqua (distillata)

Malti Utilizzati
Malto Pilsner (commerciale)
Malto Casalingo (orzo non distico)
Malto Casalingo (orzo distico)
Malto Pale (commerciale)

Attrezzatura 
Thermos (isolante di almeno 500 ml)
Termometro
Timer
Imbuto
Filtro Caffè (a cono)
Frullatore (con lame in acciaio inox)
Contenitore trasparente (di almeno 600 ml)
Contenitore graduato (di almeno 500 ml )
Bilancia (in grado di pesare almeno 55 g)



Processo
a. Pesare 55 g di malto e mettere il tutto in un frullatore, un po' di chicchi per volta per evitare di sforzare il motore del frullatore. Macinare i chicchi fino ad ottenere la consistenza di una farina.

b. Pesate 50 g della farina ottenuta e posizionatela nel thermos.

c. Versate anche 400 ml di acqua, precedentemente riscaldata fino a 65 °C, nel thermos.

d. Agitare in modo energico il thermos per amalgamare il composto (per almeno 20 secondi). Successivamente lasciare riposare il composto per 15 minuti.

e. Passati i 15 minuti. Tramite un filtro a cono, posto all'interno dell'imbuto, filtrate il composto in un contenitore fino alla quantità di 100 ml.

f. Quegli stessi 100 ml, di mosto filtrato, viene nuovamente passato nel thermos.

g. Solo successivamente viene nuovamente filtrato il mosto.

Rapporto di utilizzo Malti
Per la valutazione di malti base, utilizzare 50 g di campione per 100% d'inclusione. Per i malti speciali, utilizzare 25 g di campione e 25 g di malto base, con un inclusione del 50%.  Mentre per i malti speciali scuri tostati, utilizzare 7,5 g di campione e 42.5 g di malto base, con un inclusione del 15%.

Importante
La valutazione sensoriale, del mosto ottenuto, deve essere fatta lo stesso giorno. Il mosto deve essere valutato a temperatura ambiente.

Risultati
La natura soggettiva dell'aroma e del gusto rende difficile la standardizzazione dei descrittori, anche per questo mi limito nel dire che non ho notato particolari differenze tra i campioni esaminati. Il solo malto casalingo (orzo non distico) ha presentato particolare differenze nel gusto.


Conclusioni
Con questa tecnica non bisogna pretendere una birra finita. Il sapore del mosto è solo un lontano parente del possibile prodotto finito. Tuttavia, la giusta dimestichezza con quest'altro aspetto, può aiutare ad ottenere nuove valutazioni del malto utilizzato per la produzione della birra.


Quantificare l'Estrazione Zuccherina


I diversi malti variano nell'estratto potenziale e umidità, anche per questo ho voluto ricreare le stesse condizioni per ogni malto esaminato. Per quantificare l'estrazione zuccherina ho scelto un metodo molto semplice e sopratutto pratico. Un processo al quale ho sottoposto tutti i malti sotto elencati, con le stesse percentuali e condizioni. Durante la fase di ammostamento esiste un rapporto tra gli enzimi e il pH. Per garantire il giusto compromesso tra i diversi enzimi ed ottenere una conversione completa, con un'efficienza di estrazione maggiore, ho voluto optare per un pH 5,3.


Malti Utilizzati
Malto Pilsner (commerciale)
Malto Casalingo (orzo non distico)
Malto Casalingo (orzo distico)
Malto Pale (commerciale)

Attrezzatura 
Bimby
Rifrattometro
pHmetro
Thermos (isolante di almeno 1 litro)
Mulino (per macinare i grani)
Timer
Imbuto
Filtro
Contenitore in Polistirene
Bilancia


Processo per ogni malto utilizzato
Ho utilizzato 150 gr di malto macinato, in un litro di acqua precedentemente riscaldata a 70 °C (con il Bimby). Versando il tutto in un thermos isolante, stabilizzato il ph su 5,3. Successivamente ho riposto il thermos in un contenitore (in Polistirene) per 100 min. Solo al termine dei 100 minuti ho calcolato la densità del mosto finito, tramite rifrattometro.


Risultati
Malto Pilsner (commerciale)
Malto Casalingo (orzo distico)
Malto Casalingo (orzo non distico)
Malto Pale (commerciale)

Conclusioni
E' importante riconoscere che il malto commerciale è sicuramente una parte essenziale se si vuole produrre un prodotto con un'efficienza altissima. Nonostante ciò devo ammettere che non mi aspettavo una maltazione casalinga con cosi pochi punti di differenza dai malti commerciali. Mentre la maltazione dell'orzo non distico, come previsto ha dato pessimi risultati.

Prove di Fermentazione
Ottenuti i mosti dai vari malti campione, ho voluto avere anche qualche minima certezza, perchè non tutti i malti hanno i giusti elementi per ottenere un mosto idoneo per nutrire al meglio il lievito, durante il processo fermentativo. Dunque, quest'ultima fase del progetto prosegue le fermentazioni in laboratorio, per testare i diversi mosti. Fermentazioni di poco meno di 1 litri di mosto, bollito e non luppolato. Nonostante il volume minimo ho tranquillamente ottenuto misurazioni quotidiane di densità.

Lievito
Fermentis Safale US-05 (1 gr per campione)

Temperatura di Fermentazione
20 °C (temperatura controllata)

Final Gravity (densità finale)
Mosto Pilsner  FG 1011
Mosto Casalingo (orzo distico)  FG 1010
Mosto Casalingo (orzo non distico) FG 1013
Mosto Pale FG 1011

Conclusioni
In fermentazione i mosti campioni hanno dimostrato di avere, più o meno, gli stessi nutrienti.  Certamente sufficienti per ottimizzare il lavoro dei lievito in fermentazione. Un ottimo risultato anche in fermentazione per il mio malto casalingo, che mi porta ad essere molto fiducioso per le prossime produzioni. Mentre ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, il mosto ottenuto dall'orzo non distico risulta carente di elementi idonei per nutrire al meglio il lievito, nel processo fermentativo.

Questo post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.