domenica 29 agosto 2021

Quanta confusione sui Kveik!

Con la fine dell'estate e la dolce tristezza degli ultimi giorni d'agosto, è arrivato il tempo di bilanci, nuovi propositi e soprattutto di riflessioni. Purtroppo come ben sapete, non è stata la mancanza di interesse che mi ha portato lontano dalle attività Casalingo Brassicole. Ho cercato di seguire in silenzio le varie dinamiche interne a questo bellissimo mondo.

Oggi non sono qui per scrivere le mie considerazioni su argomenti che non appartengono o per lo meno restano distanti dalle tematiche riportate in questo blog. Per lo stesso motivo non posso evitare una riflessione su altrettanti argomenti affrontati largamente sui miei spazi online.

Allora, parliamo di kveik. Sarà per il caldo estivo, sarà per la voglia di fare birra durante i mesi più caldi,  ma sta di fatto che la confusione con l'utilizzo dei lieviti kveik è stata realmente tanta. Proprio per questo cercherò di fare chiarezza sugli sbagli visti online, sui dubbi e l'incertezze,  di chi mi ha contattato privatamente.


1. Chiamiamo le cose con il loro nome
il lievito non è la birra e la birra non è il lievito!

Oggi la parola kveik è molto conosciuta ed apprezzata, diversamente dal periodo in cui iniziai a studiare questi lieviti. Eppure, l'interesse legata ai kveik non ha colmato del tutto la percezione degli appassionati. Anzi, troppo spesso sono rimasti spiazzati e poco preparati per gestire una buona fermentazione. Infatti, in questo lungo intervallo dall'homebrewing ho potuto assistere all'inverosimile. Ho creduto persino che ci fosse una vera e propria rivoluzione birraria in atto.

Dalle American Pale Ale fino alle innumerevoli India Pale Ale, diventate rispettivamente Kveik APA e Kveik IPA. Per non parlare dell'accozzaglia di nomignoli con cui si accompagnano le pseudo Lager e Pilsner. Mi chiedo come sia stato possibile che nessuno abbia pensato mai ad una birra chiamata US 05 India Pale Ale o ad una più esaltante BF16 Pilsner. Nel 2021 sembra che la parola "kveik" faccia ancora figo.

2. Commerciali e Tradizionali
non sono propriamente la stessa cosa!

Ceppo Singolo vs Coltura Mista

Troppo spesso non si conosce la differenza tra i lieviti kveik disponibili in commercio e quelli tradizionali, con la conseguenza convinzione che le due tipologie siano la stessa identica cosa. Queste due forme di lievito condividono lo stesso nome e molte delle proprietà peculiari che li caratterizzano rispetto alle altre tipologie di lieviti. Eppure siamo di fronte a due possibili scenari fermentativi. 

Le forme di Kveik Tradizionali non sono colture di lievito cresciute in un laboratorio, si tratta di complesse colture miste che si sono adattate nel tempo alle condizioni di ogni fattoria. Questi lieviti non sono convenzionali, sono ceppi differenti, geneticamente simili, riutilizzati nelle fattorie Norvegesi per generazioni. Le colture miste sono state selezionate negli anni, tramite esperienze dirette dei proprietari originari. In alcuni casi possono contenere anche batteri. 

Le forme di Kveik Commerciali sono formate da un singolo ceppo di lievito isolato (derivanti da coltura mista di kveik tradizionale). In laboratorio questi ceppi vengono isolati alla ricerca del ceppo kveik più interessante in base ai criteri dettati dall'azienda. In alcuni casi sono stati isolati e successivamente miscelati tra ceppi di colture diverse. L'obiettivo dell'azienda è quello di creare un prodotto vendibile, che spesso può coincidere con esigenze fermentative poco caratterizzanti, con un ampio range di temperatura e un processo fermentativo breve. Chiaramente, tutto ciò è frutto della mia idea personale, in base alle innumerevoli prove realizzate con questi lieviti e quelli tradizionali.

3. Una simbiosi del tutto straordinaria
a discapito della sicurezza fermentativa.


Le domande che si sono ripetute per innumerevoli volte sono senza dubbio due:

"Quanti grammi di kveik serve inoculare?"
Premesso che non esiste un quantitativo certo, visto che le condizioni di un lievito vengono condizionate da troppe variabili. In questo caso ogni campione dovrebbe essere valutato singolarmente, aspetto che vale per ogni tipo di lievito. Nonostante ciò, credo che un giusto compromesso per fermentare 25 litri di mosto possa essere quello di utilizzare 10 gr di lievito secco commerciale o 5 gr di lievito tradizionale.

"Perchè  questa differenza?"
Il motivo è semplice, le due forme di lievito hanno un diverso impatto sulla fermentazione. La coltura tradizionale funziona in una simbiosi del tutto straordinaria, dove in alcuni casi anche i batteri possono essere parte attiva. Tutto ciò, non viene supportato da una ricerca di laboratorio che ci possa dire come tutto questo possa avvenire. Resta il fatto che i ceppi commerciali mantengono inalterate molte delle caratteristiche tipiche di una coltura tradizionale, ma non riescono a conservare la stessa velocità di fermentazione, la flocculazione, l'apporto di sapore ed aroma, nella birra finita. Ciò non toglie che l'utilizzo di ceppi isolati in laboratorio sia un'esperienza altrettanto interessante e sicuramente più sicura.

4. L'essiccazione sfugge al controllo
di chi non ha conoscenza.

Una delle tante attività affascinati che ci regala l'esperienza con i lieviti kveik e sicuramente l'essiccazione e la successiva conservazione. Ma la popolarità di questi lieviti ha spinto troppe persone verso essiccazioni estreme e poco giustificabili. In passato questi lieviti venivano conservati e utilizzati poche volte l'anno (spesso per feste e celebrazioni), mentre l'essiccazione avveniva tramite calore a temperature ambientali generalmente fredde. In queste condizioni la presenza di batteri era parzialmente limitata, salvaguardando maggiormente le colture da possibili contaminanti. Diversamente da ciò che accade nelle nostre case, dove i lieviti vengono utilizzati per innumerevoli fermentazioni e conservazioni, aumentando notevolmente i rischi di contaminazioni.

Basti pensare che mi è stato addirittura chiesto (ad inizio agosto) se era fattibile essiccare il kveik all'aperto, visto il tanto caldo estivo. Non fatelo neanche per scherzo!

Queste colture funzionano sorprendentemente bene, ma ricordatevi che l'utilizzo dopo un processo di essiccazione è sempre un rischio poco calcolabile, soprattutto se l'essiccazione del lievito sfugge ad ogni controllo!

Aceto di Mele fatto in casa

Le Mele mature diventano Sidro, 
mentre il Sidro può diventare Aceto, per sbaglio
o per tua volontà!


L'aceto di Mele si può realizzare facilmente tra le mura di casa. Un condimento gentile, dal sapore armonico e dall’aroma rotondo, che giorno dopo giorno si rivela un prezioso alleato nella nostra cucina. Un ingrediente perfetto per piatti ricchi di leggerezza, con qualità antibatteriche e antinfiammatorie naturali.

Perchè farsi l'Aceto di Mele in casa?
Sperimentazione Casalinga

Sono consapevole che è praticamente semplicissimo reperire l'aceto di mele senza alcuno sbattimento, basta recarsi in qualsiasi alimentare sotto casa per trovarne di ogni tipo e gusto. Ciò non toglie che se sei in questo preciso momento collegato al mio blog, un minimo di interesse verso la sperimentazione casalinga è parte di te. 

Dalle parole di mio Zio:
Hi caru mij, chi spettacol su i fermentazion!
Mio caro, che spettacolo sono le fermentazioni!

Bè, come dargli torto? Vuoi mettere la grande soddisfazione di realizzare l'aceto, passo dopo passo, assistendo da protagonista alla magia della fermentazione...tutto questo non ha semplicemente prezzo!

Introduzione
Capiamoci Meglio
Naturalmente, per ottenere l'aceto di mele sono indispensabili le mele. E' una cosa ovvia e chiara. Ciò che non è sempre intuitivo è il passaggio intermedio collocato tra le mele e l'aceto. La chiave di tutto è la trasformazione delle mele in sidro, la base su cui i batteri acetici lavoreranno per regalarci il nostro aceto di mele.

Come si fa l'Aceto di Mele?
Consigli pratici per iniziare al Meglio

Prima di passare al processo vero e proprio è utile percorrere a grandi linee i vari metodi per realizzare questo nuovo prodotto casalingo. Infatti, le molteplici possibilità tra metodo di produzione, scelta delle mele o succo, ed eventuali dosaggi, possono cambiare sensibilmente il risultato finale. Infatti, in base alle nostre pretese e possibilità, esistono aspetti fondamentali da cui è possibile partire per ottenere il nostro personale aceto di mele.

Produrre Aceto di Mele
Tecniche di Produzione

Base di Partenza
Succhi, Mele o Sidro
Le possibilità di partenza non mancano di certo, ne esistono per ogni tipo di esigenza. Naturalmente ogni scelta ricadrà sulla qualità del risultato finale.

Metodo SUCCHI 
Questa possibilità è sicuramente adatta per i più pigri o per tutti quei sfortunati appassionati di fermentazioni vittime "consapevoli" delle mogli, le quali non vogliono troppo casino per casa. Per succhi faccio riferimento ai classici succhi di mele reperibili in commercio o a quelli concentrati. Procedimento: Mettere il succo in un barattolo di vetro. Successivamente, aggiungere lo zucchero e mescola il tutto. Infine, coprire il barattolo con della garza (alimentare) e sigillare con un elastico. Lasciare il barattolo in un luogo rintanato e al buio, per circa tre settimane tra i 16 e i 20 °C.
Al termine delle tre settimane, il sidro dovrebbe essere pronto per il passaggio successivo. Consiglio: utilizzare succhi di mele (con il 100% di frutta) di varietà differenti per dare all'aceto un gusto più complesso.

Metodo MELE
Partire direttamente dalle mele permette di ottimizzare le diverse varietà. In questo caso, preparati ad un processo più lungo, ma sicuramente più affascinante e apprezzabile. Le mele possono essere frullare, macinate e strizzate, per ottenere un succo. L'utilizzo dell'estrattore potrebbe essere la scelta migliore, diversamente si può partire dalle mele tagliate o più semplicemente dagli stessi scarti ottenuti dalla produzione di un sidro. Procedimento: Mettere le mele o semplicemente gli scarti, in un barattolo di vetro.  Riempire lo stesso barattolo per circa tre quarti e coprire con dell’acqua. Per evitare la formazione di muffe è indispensabile che la frutta sia totalmente sommersa. Successivamente, aggiungere lo zucchero e mescola il tutto. In fine, coprire il barattolo con della garza (alimentare) e sigillare con un elastico. Lasciare il barattolo in un luogo rintanato e al buio, per circa tre settimane tra i 16 e i 20 °C. Al termine delle tre settimane e la separazione dagli scarti delle mele con un colino di plastica, il sidro (versato in un nuovo barattolo) dovrebbe essere pronto per il passaggio successivo. Consiglio: utilizzare più varietà di mele per dare all'aceto un gusto più complesso e strutturato. 

Metodo SIDRO
Se realizzare l'aceto di mele è l'unica priorità possibile, non sarebbe un'utopia rinunciare ad una piccola parte del vostro miglior sidro. Proprio così, se viene utilizzato un buon sidro come base di partenza il risultato potrebbe lasciarvi sbalorditi. Procedimento: Mettere il sidro in un barattolo di vetro.  Infine, coprire il barattolo con della garza (alimentare) e sigillare con un elastico. Consiglio: utilizza più di un sidro per dare all'aceto un gusto maggiormente complesso e strutturato.

Fermentazione
Spontanea o inoculo?
Con la base del sidro pronta, il processo fermentativo può essere gestito mediante l'inoculo personalizzato o lasciare che la natura faccia il suo corso. E' solo una questione di tempo, dove i lieviti inoculati o quelli presenti nell’aria inneschino la fermentazione alcolica degli zuccheri.

Detto questo, inoculare il lievito e successivamente a fine fermentazione la Madre* (madre o starter), diminuisce i tempi di produzione e facilita il controllo sul prodotto finale. Inoltre, sono minimizzati i rischi di contaminazioni da altri microorganismi indesiderati. Mentre, la fermentazione Spontanea (con tutti i rischi del caso) ci può regalare un prodotto del tutto unico, anche se per questa soluzione si presuppone di essere già esperti.


*Madre: la cosiddetta “madre dell’aceto” consiste in una naturale aggregazione di acetobacter. Generalmente la si trova in superficie nei liquidi alcolici, sotto forma di biofilm o pellicola. L'aceto si ottiene tramite le reazioni biochimiche, dovute proprio a questi batteri. Gli acetobacter sono fautori del processo di bi-ossidazione acetica grazie al quale l’alcool contenuto nel mosto fermentato si trasforma in acido acetico. Una volta 
ricava la Madre e possibile riutilizzarla nelle successive produzione. 


Acetobacter

Il Sidro ha Fermentato
Campo libero agli Acetobacter
I lieviti hanno fatto il sidro, adesso è tempo che i batteri acetici completino il lavoro. Si tratta dell'Acetobacter, un microrganismo molto  comune in ambiente, la sola esposizione all'aria del sidro dovrebbe essere sufficiente per determinare l'inizio della conversione del sidro in aceto. E' consigliabile iniziare il processo con l'ausilio di una Madre.

Produrre una Madre
Tecnica 
Madre, colonia di Acetobacter 
Con poco sidro, birra o vino (un litro può bastare) possiamo facilmente ottenere la nostra colonia batterica. 

Sidro 80%
Aceto bianco (non pastorizzato) 20%

Procedimento: Lasciare il campione di sidro e aceto, tra i 23 °C e i 26°C,  in un contenitore di vetro preferibilmente a bocca larga per un maggiore contatto con l’aria, chiuso solo con la solita garza. Per aumentare ulteriormente il contatto con l'aria sarebbe opportuno mescolare la miscela una o due volte a settimana. Dopo circa un mese dovrebbe essere visibile lo sviluppo della Madre (un fondo con una sorta di patina d'uovo). Ottenuta la madre batterica è possibile utilizzarla tramite inoculo nel sidro.

Inoculo di Acetobacter
Campo libero ai batteri
Come abbiamo visto per la produzione della Madre è utile munirsi di un contenitore di vetro abbastanza grande, in modo da ottenere una superficie più estesa, che permetta ai batteri un maggiore contatto con l'ossigeno.

1. Lasciare il sidro ottenuto a contatto con l'aria e agitare di tanto intanto, per circa 15 minuti. 

2. Aggiungere la colonia di batteri al sidro. In questa prima fase è consigliabile usare un massimo di 5 litri di sidro, per una colonia di batteri prodotta da 1 litro di sidro. Diversamente, l'aggiunta della Madre potrebbe non fornire il numero sufficiente di batteri per trasformare il sidro  in aceto, nei tempi previsti.

3. In questo caso, risulta essere indispensabile coprire l'apertura del contenitore,  in modo da permettere l'entrata della sola aria. Dunque, utilizzare dell'altra garza o filtro da caffè, lasciando il composto a riposo in un luogo buio.

4.  Dopo i primi 15 giorni è importante filtrare il sidro (basta utilizzare un colino), per favorire la diffusione d'ossigeno. In questa fase è possibile aggiungere anche altro sidro, per ottenere volumi di aceto maggiori (il recipiente non deve essere riempito troppo per permettere ai batteri di avere una superficie più estesa a contatto con l'ossigeno).

5. In base alla gradazione alcolica iniziale e alla possibile aggiunta di altro sidro, dopo circa un mese si ottiene il prodotto finito. Con l'aiuto di un filtro a carta è utile fare una filtrazione finale, in modo da avare un aceto di mele più limpido.

Naturalmente potete conservare la Madre o continuare la produzione, apportando nuovo sidro. Con questo è tutto, ciao amici e Buon Aceto!

Insalata all'olio di oliva e aceto di birra

Questa post è solo a scopo informativo, sulle mie esperienze, non mi assumo la responsabilità su ciò che farete e sui danni che potrete causare.

martedì 17 agosto 2021

Superate le 200.000 visualizzazioni!!!

Nonostante la lunga inattività il blog continua ad ottenere grandi risultati, raggiungendo e superato le 200.000 visualizzazioni. Grazie a tutti!!!

Era il mese di gennaio, del 2015, che ho deciso di aprire il blog. Sembra quasi che il tempo non sia passano, in realtà le avventure sono state innumerevoli e il contatore ha segnato la bellezza di 200000 visite totali. Un vero orgoglio personale!

Non saprei cos'altro dirvi per ringraziarvi, anche se devo scusarmi per la perenne assenza dal blog e dal canale Youtube. E' inutile dirvi che la famiglia e il lavoro hanno preso il sopravvento. Progetti e nuovo trasloco in Veneto mi hanno portato via giornate e mesi interminabili.

Se proprio devo essere sincero e dirla tutta, ho cercato di ripartire più volte con le attività casalingo brassicole, ho persino recuperato del sale marino per una futura Gose che non ho poi mai realizzato. Nulla, dopo un anno di lavoro lontano da casa, mi sono permesso una vacanza di due mesi nella mia terra, lasciando da parte la birra.

Il pizzico di sale è pronto!

Adesso mi ritrovo nuovamente a scrivere qualcosa per il blog e per l'ennesima volta prometto di essere più presente. Sono davvero orgoglioso di questo mio spazio brassicolo, dove ormai siete davvero in tanti a leggermi e a seguirmi sui vari social per abbandonare definitivamente "Le avventure del Birraio che non ti aspetti". A prestissimo...Ciao e buona Birra!